Liquidare l’universalismo sarebbe un crimine e, come ha scritto Polillo, introdurre un sistema assicurativo sarebbe un “cavallo di Troia” utile solo a chi specula con l’intermediazione finanziaria. La tutela mutualistica resta un rottame di altri tempi. Nella post modernità e nel post welfarismo ci vuole altro
Dopo il bell’articolo di Roberto Polillo, l’intervista fatta a Enzo Giannini, vicepresidente dell’Ansi conferma in pieno le preoccupazioni dello stesso Polillo circa i rischi che corre il sistema universalistico.
Cosa dice questa intervista?
• La sanità integrativa è uno strumento che consente di spostare i costi dallo Stato ai cittadini organizzati in Casse Sanitarie, Società di Mutuo Soccorso, Fondi Sanitari ecc
• La sanità mutualistica è sostitutiva non integrativa dal momento che garantisce servizi assistenziali e sanitari, visite specialistiche, esami diagnostici e ricoveri
• Lo strumento per assistere per conto dello Stato è il “convenzionamento” con le strutture sanitarie,
• I finanziamenti provengo dai sussidi quindi dai contributi mutualistici defiscalizzati
• Si tratta di dare le gambe ad un “welfare aziendale” per i lavoratori attivi aperti anche al singolo cittadino cioè ai propri famigliari
• La condizione perché il welfare aziendale possa funzionare e con esso la mutualità sostitutiva è che lo Stato garantisca un’assistenza sanitaria di base per i meno abbienti,i “grandi anziani”,cioè una sanità minima
• gli aderenti alle mutue versano una quota associativa e le mutue comprano sul mercato prestazioni sanitarie a condizioni agevolate mettendo a disposizione i loro servizi a tariffe più convenienti e scontate
• più sono gli associati, più sono potenzialmente estesi i servizi, più alto il volume dei contributi e il numero di strutture mediche convenzionate.
La funzione delle mutue come si vede è quella classica dell’intermediazione finanziaria per questo non è proprio esatto dire che non sono orientate al profitto. I contributi provengono dagli associati ma se defiscalizzati provengono comunque anche dallo Stato. L’intervista si conclude così: ”ritorna in auge la richiesta di una sanità integrativa a causa dei gravi problemi economici che affliggono Stato e cittadini: si ha sempre più bisogno di tutelare in via privata la propria salute, perché la spesa sanitaria pubblica diminuisce con perentoria drammaticità”.
Vorrei ringraziare il vicepresidente dell’Ansi perché senza eufemismi, senza infingimenti e senza giri di parole ha finalmente chiarito cosa significa “in via privata” e quindi il gioco del mutualismo integrativo e a chi veramente conviene. Potrei, da universalista convinto, rispondere ad una ad una alle tesi di questa intervista con dovizia di argomenti ma mi limiterò a far osservare che:
• la mutualità non conviene neanche ai cittadini mutuati ma solo agli intermediatori finanziari,
• i problemi finanziari della sanità si devono risolvere e si possono affrontare in altro modo, privatizzare è troppo semplice
• si reintroduce una forma obsoleta di parastato ad orientamento speculativo,
• trovo paradossale sostituire lo Stato con un sistema di convenzionamento che lo estrometta,
• sostituire la comunità con l’azienda in termine di welfare mi sembra proprio un capolavoro di neoliberismo.
Per concludere vorrei chiedere aiuto a Medea la famosa protagonista della tragedia di Seneca la quale ad un certo punto (versi 500_501) afferma: “cui prodest scelus, is fecit”, cioè “colui al quale il crimine porta vantaggi, egli l’ha compiuto”. Credo in tutta franchezza che liquidare l’universalismo sia un crimine e una tragedia,che il mio amico Polillo, non esagera a parlare di “cavallo di Troia” e che se dovessi rispondere al quesito “cui bono”, cioè “chi beneficia del mutualismo” non avrei dubbi a rispondere: chi specula con l’intermediazione finanziaria. La tutela mutualistica resta un rottame di altri tempi. Nella post modernità e nel post welfarismo ci vuole altro. Mi resta un dubbio sul discorso di Medea circa il crimine e suoi vantaggi: che dalle mutue gli intermediari finanziari abbiano tutto da guadagnare, mi è chiaro, meno chiaro è cosa ci guadagna la sinistra, il presidente Rossi citato da Polillo, il riformismo sanitario in generale, l’art 32.
Per me questo resta un mistero.
Ivan Cavicchi – Quotidiano sanità – 4 giugno 2013