Pizzetti, il garante della privacy: da chiarire cosa accade a chi dà informazioni scorrette. Nomi e cognomi Il modulo cui si accede dal sito chiede dati personali ma non va oltre: le denunce saranno generiche o si dovranno fare anche nomi?
Per quanto riguarda le intenzioni l’iniziativa è comprensibile e apprezzabile, per quanto riguarda gli effetti decisamente meno. Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità garante perla Privacy, nutre diverse perplessità sulla decisione del governo di chiamare i cittadini all’appello sul fronte della spending review, invitandoli a dare suggerimenti e fornire segnalazioni via web su cosa e come tagliare. Perplessità che nutre sia come costituzionalista che come privato cittadino.
Presidente era necessario secondo lei aprire questa consultazione sul sito di Palazzo Chigi? «L’iniziativa è comprensibile vista la necessità di fare presto, addirittura lodevole nei suoi intenti. Ne apprezzo il valore simbolico legato alla decisione del governo di condividere gli obiettivi del suo mandato con l’opinione pubblica e capisco che il momento può giustificare questa azione». Ma? «Ma non posso nascondere che – per quanto riguarda lo Stato di diritto – l’invito fatto ai cittadini solleva diverse perplessità».
Quali? «Da presidente dell’Autorità vedo possibili criticità rispetto all’informativa sul trattamento dei dati: il nostro ufficio ha già aperto un’analisi sul fatto e a prima vista posso dire che la questione merita la nostra attenzione. L’ambito di competenza del Garante è questo: ci occupiamo del trattamento dei dati, se sarà chiesto il nostro parere siamo pronti a collaborare con il governo».
Lei parla di punti critici riguardo allo Stato di diritto. A cosa si riferisce di preciso? «All’insufficienza delle informazioni fornite. Il modulo cui si accede dal sito chiede, correttamente di effettuare le segnalazioni fornendo dati personali: nome, cognome, email evia dicendo. Ma non dice cosa succede a l ci ttadino che dà informazioni scorrette e nemmeno chiarisce che tipo di informazioni il privato possa fornire in quella occasione. Siamo di fronte a denunce generiche o possono essere fatti i nomi e cognomi dei funzionari responsabili delle spese eccessive? Che conseguenze avranno le denunce dei cittadini su queste persone? E se volutamente sono state fornite informazioni sbagliate cosa succede? Queste informazioni non vengono date ecome costituzionalista, non posso che essere perplesso».
Il governo vi aveva informato di questa sua iniziativa? «No, as usual devo dire»
Perché è successo altre volte che la Privacy non è stata consultata sulle procedure da utilizzare in questo genere di operazioni? «SI, quando l’Agenzia delle Entrate ha inserito i numeri telefonici fra i dati da chiedere ai contribuenti. Alla nostra richiesta di spiegazioni l’Agenzia ha risposto ricordandoci che già avevano chiesto parere riguardo ai dati sulle bollette e che quindi, questa volta, aveva fatto riferimento a quelle stesse procedure. Ma in realtà la questione era diversa: il trattamento di un dato sensibile come quello del numero di un telefono mobile è diverso da quello di un numero fisso».
Perplessità a parte sulle informazioni fornite e richieste, secondo lei, questi mezzi funzionano? Vale la pena di metterli in atto? «Non sta a me dirlo, parleranno i fatti».
Ma lei li condivide? «Qui parlo da cittadino, non da costituzionalista. E da cittadino preciso che preferirei vivere in un Paese dove, per ridefinire la spesa pubblica, si facesse ricorso ad altre modalità».
Repubblica – 3 maggio 2012