Sei mesi per cambiare verso all’Europa e spostare il baricentro dal rigore alla crescita. Inizia domani, con una sfida ambiziosa, la presidenza di turno italiana dell’Unione europea. È la nona volta che il nostro Paese ricopre questo ruolo di regista, che detta l’agenda, presiede le riunioni e cerca il compromesso. La terza da quando la Comunità europea si è trasformata in Unione, con maggiori poteri e un’integrazione economica più stretta.
Il debutto è avvenuto nel ’68, quando il miraggio erano l’unione doganale e un Parlamento eletto a suffragio universale, fino al secondo semestre 2003, con il sogno, poi ridimensionato, di una Costituzione europea e lo sconto accordato dall’Ecofin a Francia e Germania per poter sforare il tetto del deficit del 3% previsto dal Patto di stabilità Ue. L’Europa, oggi come allora, è a un bivio e vive una profonda crisi di identità. Toccherà dunque a Matteo Renzi imprimere un cambio di passo. Per André Sapir, economista senior di Bruegel, «sarà un semestre cruciale: il governo italiano avrà l’opportunità di individuare una direzione per l’Europa e lavorare, insieme alle altre istituzioni di Bruxelles, per gettare le basi per i prossimi cinque anni». Il primo banco di prova è previsto per mercoledì, con la presentazione del programma di fronte ai 751 nuovi eletti dell’Europarlamento.
Secondo gli esperti di politica comunitaria saranno quattro i grandi dossier su cui l’Italia può tentare di lasciare il segno: il rilancio della crescita e dell’occupazione grazie al “tesoretto” dei margini di flessibilità ancora inutilizzati previsti dalle regole su deficit e debito; la costruzione di un mercato unico dell’energia; una politica comune dell’immigrazione e l’avvio della riforma dell’architettura comunitaria. Dopo il vertice della settimana scorsa il primo dibattito sui conti pubblici è fissato per l’Eurogruppo del 7 e l’Ecofin dell’8 luglio, mentre negli stessi giorni (8 e 9 luglio), con «Digital Venice», il governo giocherà la carta dell’innovazione.
Nel bel mezzo del rinnovo di tutte le alte cariche il tempo a disposizione non sarà molto. Sciolto il nodo di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione Ue, il prossimo 16 luglio è in programma un vertice straordinario per decidere sulle altre nomine. Se tutto procederà secondo la tabella di marcia, a novembre diventerà operativo il nuovo esecutivo Ue e a dicembre si insedieranno il nuovo presidente del Consiglio europeo, l’Alto rappresentante per la politica estera e il numero uno dell’Eurogruppo. L’appuntamento chiave sarà perciò il vertice del 18-19 dicembre. «Le conclusioni – spiega Sapir – potrebbero definire meglio i contorni dei margini di flessibilità previsti dalle regole di bilancio. Per farlo non occorre cambiare i Trattati, ma bastano accordi inter-istituzionali con Consiglio e Commissione». Dovrebbe poi tornare d’attualità anche il dibattito sullo scorporo delle spese per gli investimenti dal Patto Ue. Anche se secondo Silvio Peruzzo, senior European economist di Nomura, «gli ostacoli sono ancora molti e c’è il rischio di un’eccessiva discrezionalità da parte dei governi». Più semplice, dice l’economista, «sarebbe invece agire con la leva della Bei o con interventi per rilanciare gli investimenti attingendo direttamente dal budget Ue».
Dal semestre italiano gli addetti ai lavori si attendono infine un rilancio del cantiere dell’architettura europea, per completare l’Unione economica e monetaria e definire i rapporti tra i Paesi dentro e fuori dal club dell’euro per tranquillizzare Londra. Per farlo occorre però una revisione dei Trattati. Il vertice di dicembre potrebbe così essere l’occasione per lanciare un comitato per preparare la Cig, la Conferenza intergovernativa che dovrà modificare le regole del gioco. E anche in questo campo l’Italia ha acquisito negli anni una certa esperienza.
Il Sole 24 Ore – 30 giugno 2014