Non ci sarà il «partito della Coldiretti». Il presidente Sergio Marini si è dimesso e tramonta così il «sogno» di una nuova forza politica con i colori gialli. La notizia era nell’aria da giorni e un primo segnale concreto era stato l’abbandono della guida di Ue.Coop, la centrale cooperativa recentemente costituita.
Poi, dopo tanti rumor, l’annuncio alla vigilia dell’appuntamento ormai tradizionale della Coldiretti in calendario a Cernobbio i prossimi 18 e 19 ottobre. Era quella inizialmente la data scelta per annunciare dimissioni e nuovi progetti. Ma le notizie, si sa, girano veloci e così per spegnere il gossip è arrivata la conferma. A Cernobbio, come ha spiegato lo stesso Marini in una nota – rimetterà ufficialmente il mandato dopo 7 anni di presidenza. «Una decisione – ha aggiunto – importante e consequenziale alla volontà di costruire un nuovo progetto per il rilancio dell’Italia, quale naturale evoluzione dei traguardi raggiunti e della storia recente di Coldiretti».
E al Forum dell’agricoltura scoprirà le carte (personali) e con tutta probabilità da Cernobbio, dove la Coldiretti ha consacrato in questi anni il ruolo di protagonista della società civile, Marini inzierà il suo nuovo percorso politico. D’altra parte nell’ultima assemblea di luglio al Palalottomatica di Roma, davanti all’esercito dei coldirettiani e alla solita pattuglia di ministri e parlamentari, aveva parlato come un nuovo leader politico, quasi sprezzante dell’«altra politica». A scalfire lo smalto del presidente sono intervenute poi divergenze con la struttura interna (potente macchina composta da 20 federazioni regionali, 97 interprovinciali e provinciali, 724 uffici di zona e 5.668 sezioni comunali e un forte un braccio creditizio con Creditagri Italia) aggravate dai tentativi di interferire in una gestione (anche economica) che non è stata mai appannaggio della presidenza. La complessa rete che lo ha confermato a maggioranza bulgara lo scorso gennaio gli ha così girato le spalle.
Mar i n i lascia una Coldiretti, mediaticamente assai potente, che si è allargata dalle aziende familiari alle coop, dal settore agricolo alla pesca, dall’attività tradizionale alla filiera agroalimentare fino alla vendita col progetto ambizioso di una «Filiera Agricola tutta Italiana». Un protagonismo che ha contribuito a lacerare i rapporti con il resto del mondo agricolo e non solo. Marini insomma ha alzato troppo il tiro. Il dopo? Per ora solo congetture. L’unica certezza è che a guidare l’organizzazione fino all’assemblea di primavera che eleggerà il nuovo leader sarà il vice presidente, Mauro Tonello. Il resto, solito totonomine. La storia insegna: 7 anni fa tutti i pronostici convergevano su Massimo Gargano, poi la spuntò Marini.
Il Sole 24 Ore – 6 ottobre 2013