Una interpellanza parlamentare sottolinea le debolezze strutturali della filiera delle carni cunicole e chiede di estendere le norme di tracciabilità ed etichettatura del Regolamento 1337/2013. Lo scorso 19 febbraio 2014 alcuni senatori hanno presentato una interrogazione ai Ministri competenti circa l’etichettatura e più in genere, le norme di tracciabilità delle carni di coniglio (cunicole). In base infatti alle attuali disposizioni, in assenza di un obbligo europeo di etichettatura delle carni (paese di origine), tali carni verrebbero frequentemente importate da paesi esteri, a basso costo ma anche in condizioni sanitarie opache, con possibili rischi per la salute. Tali rischi – stando all’interrogazione – deriverebbero dall’uso indiscriminato di antibiotici e da una gestione meno cautelativa rispetto a quella richiesta dalle norme Ue agli allevatori italiani.
Il regolamento 1169/2011 ha previsto l’indicazione di origine per carni suine, ovicaprine, pollame come obbligatoria; l’obbligo è scattato con il regolamento 1337/2013 che si applica a decorrere dal 1 aprile 2015. Non si applica alle carni che sono state legalmente immesse sul mercato dell’Unione prima del 1 aprile 2015 fino a esaurimento delle scorte.
Tale regolamento, all’art. 3 dispone che gli operatori del settore debbano applicare il sistema di identificazione e di registrazione in modo da poter garantire:
a) il collegamento tra le carni e l’animale, o il gruppo di animali, da cui sono state ottenute; in fase di macellazione la responsabilità di tale collegamento spetta al macello;
b) la trasmissione, insieme alle carni, delle informazioni relative agli operatori nelle successive fasi di produzione e distribuzione.
Distorsioni di filiera
Tuttavia tali norme non coprono tutti i tipi di carne. Le associazioni italiane di carne cunicola, in base a quanto si legge nella interrogazione, hanno ripetutamente segnalato in passato rilevanti distorsioni di mercato al Parlamento Europeo e all’Antitrust. La filiera di carne cunicola sarebbe infatti permeata da fenomeni fraudolenti, con carne estera spacciata per locale. Questo sarebbe reso più facile da una normativa europea ancora incompleta e con tanti buchi. E la Gdo se ne avvantaggerebbe.
Sempre secondo l’interrogazione, i conigli verrebbero acquistati all’estero e soltanto macellati in Italia, ma con l’indicazione “italiano” in etichetta. Inoltre i prezzi di macellazione in Francia e Spagna per carne destinata all’Italia sarebbero inferiori a quelli praticati per il mercato nazionale di riferimento, con effetti reali di dumping e distorsione della concorrenza.
I deputati chiedono pertanto ai ministeri competenti di rafforzare le misure tese:
– A portare una etichettatura di origine simile a quella degli altri tipi di carne attualmente normati dal reg. 1337/2009;
– A intensificare i controlli presso i macellatori, in particolare quelli che svolgono seconde lavorazioni e incrociando le bolle di accompagnamento con le quantità di conigli effettivamente scaricati.
– A verificare la presenza di vendite di carne sottocosto, che può essere la spia per queste frodi;
– A controllare anche attraverso test sanitari la presenza di residui nelle carni (nei magazzini e depositi frigoriferi, nei laboratori di sezionamento, etc).
– A reprimere, più in generale, le attività a danno del vero Made in Italy, con attribuzione di segni mendaci non corrispondenti alla realtà.
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 28 febbraio 2014