Baretta: «Situazione sgradevole, vanificato il lavoro fatto». E la Sicilia attacca: «Costretti a pagare per colpa del Nord». Le imprese, messe all’angolo dall’Inps e inseguite dalle cartelle di Equitalia, dopo 15 anni di guerre legali hanno cominciato a pagare nei mesi scorsi, pur non avendo ancora riposto l’ascia di guerra. E dunque suona un po’ «fuori tempo» – anche se a dir la verità la procedura risale al 2013 – che arrivi dalla Corte di giustizia europea sullo Stato italiano una maxi-stangata da 30 milioni per l’annosa vicenda degli sgravi contributivi alle imprese di Venezia e Chioggia.
Una multa che anche un politico sobrio come il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, veneziano, definisce «una situazione sgradevole», mentre il presidente del consiglio regionale della Sicilia, Giovanni Ardizzone, coglie la palla al balzo per attaccare l’odiata Lega Nord: «Tutti gli italiani, e quindi anche i siciliani, dovranno mettere di nuovo mano in tasca per pagare l’ennesima multa – ha detto – Allora non è vero che le imprese del Nord non hanno mai avuto aiuti e finanziamenti e che quindi lo sviluppo si deve solo ai virtuosi imprenditori».
L’Italia, dunque, è ancora alla gogna a Bruxelles, pochi mesi dopo che la Commissione ha aperto una procedura analoga su un’altra questione annosa che ha riguardato (anche) il Veneto e sulla quale viene contestato un mancato recupero di quasi 2 miliardi di euro: quella delle quote latte. In questo caso invece nel mirino dell’Ue erano finiti i 114 milioni di euro di sgravi fiscali che dal 1995 al 1997 lo Stato italiano aveva concesso a 1645 imprese veneziane. Nel 2000 la Commissione aveva stabilito che erano in realtà un aiuto illegale in violazione delle regole del mercato comune. Allo Stato era stato chiesto di recuperare le somme e Roma aveva affidato la pratica all’Inps. In 15 anni però di questa vicenda si sono riempiti i tribunali a tutte le latitudini: prima quello europeo, che nel 2008 ha però bocciato i ricorsi pilota di alcune imprese – le categorie più rappresentate sono gli hotel, le vetrerie, le cooperative, varie aziende di servizi, ma per esempio anche il Casinò –, poi i tribunali del lavoro (competenti sull’Inps), quindi il Tar e il Consiglio di Stato. Gli avvocati, in primis Alessio Vianello e Alfredo Bianchini, hanno impugnato ogni mossa delle controparti, approfittando di alcuni svarioni nelle procedure, ma alla fine il conto è arrivato con l’ultima sentenza del Consiglio di Stato di inizio anno, che ha costretto le aziende a pagare. In realtà, tra chi aveva già pagato in precedenza e chi invece in questi anni è fallito, sulla graticola ne sono rimaste 162 che avevano ricevuto aiuto per circa 38 milioni di euro (33 secondo l’Italia). Cifra che nel frattempo però è salita a 90 milioni con gli interessi ed è proprio qui che è in corso la nuova battaglia, posto che sul capitale non ci sono più tanti margini. Soldi che però l’Italia, alla scadenza dell’«ultimatum» di Bruxelles del 21 gennaio 2013 non aveva ancora recuperato ed è per questo che è arrivata la sanzione, aggravata da un’ulteriore multa di 12 milioni per ogni semestre di ritardo nell’esecuzione.
«Avevamo impostato una nuova trattativa e incontrato gli operatori locali, anche per valutare ipotesi di rateizzazione e discutere degli interessi – dice Baretta – ora dobbiamo riaprire un confronto a tutto campo». «Questa decisione non ha alcun effetto sulle aziende, che peraltro all’epoca dei fatti contestati non hanno pagato sulla base di sentenze dei giudici italiani», spiega l’avvocato Vianello. Preoccupato anche il presidente di Confindustria Venezia Matteo Zoppas, che però rilancia: «Una sentenza annunciata che si aggiunge ai pagamenti già avviati dalle aziende – dice – Quei soldi dovrebbero tornare al territorio per essere nuova linfa per l’economia locale».
Alberto Zorzi – Corriere Veneto – 18 settembre 2015