Tra 800 milioni e 1 miliardo di risparmi con acquisti di beni e servizi – dalle lavanderie ai pasti in ospedale fino alle manutenzioni, ma non solo – tassativamente accentrati a livello regionale. Piani di rientro di 3 anni sotto la regia delle regioni per asl e ospedali in rosso, pena la rimozione dei manager con lo stop all’ingresso di personale e un freno agli acquisti. Spesa farmaceutica con 2 tetti, ma col rebus tuttora irrisolto dei medicinali innovativi e l’avvio di nuove procedure (con sconto sul passato?) per i ripiani da 1,2 mld per le industrie sui disavanzi 2014-2014.
Alleggerimento della vecchia manovra di Monti a carico dei privati accreditati, lasciando la possibilità alle regioni di spalmare diversamente i risparmi attesi. Costi standard avanti pianissimo, ma con un “fondino” a parte per i governatori con spesa e prestazioni sanitarie “virtuose”. Inversione dell’onere della prova a carico dei cittadini e giro di volta pro medici nella responsabilità professionale. Il Governo accelera la messa a punto della “manovra sanitaria” in vista della legge di Stabilità 2016.
Anche se la partita delle partite, quella della dotazione finanziaria, resta ancora in sospeso. I 111 mld per il 2016 (rispetto ai 113,3 previsti anche dal Def) al Ssn annunciati da Matteo Renzi, insufficienti anche per la ministra Beatrice Lorenzin, sono sempre lì sul piatto. Ma cresce il pressing su palazzo Chigi di governatori e sindacati, e non è detto che la quota non possa ancora salire. Di 1 mld? Le scommesse sono aperte.
A tenere alta la tensione sul Governo ci hanno pensato del resto ancora ieri i governatori. Che al termine del loro parlamentino hanno stilato un documento stizzito. «Non sono possibili ulteriori tagli al comparto regionale senza una riduzione dei servizi», è il commento conclusivo generale. Che al capitolo sanità, nel ricordare la marcia indietro del Governo sulle risorse, fa presente le spese in più in arrivo per contratti e convenzioni, la crescita da prevedere per la farmaceutica con l’arrivo di nuovi prodotti, il rischio-contenzioso per le prestazioni dei privati convenzionati. Insomma: i conti, con un nuovo taglio, non tornerebbero e la compressione dei servizi sarebbe inevitabile. Piuttosto, per migliorare efficienza e qualità si potrebbero introdurre «parametri semplici che valorizzano il costo effettivo dei servizi, garantendo adeguato livello di qualità dei Lea». In soldoni, scrivono a chiare lettere: va creato un «piccolo Fondo da ripartire tra le regioni per il miglioramento dell’efficienza organizzativa». Il fondino dei “virtuosi” appunto.
In attesa dell’incontro decisivo di martedì col Governo, le regioni ieri non sono rimaste silenti. Soprattutto quelle a trazione leghista-forzista. Per il centrosinistra (e naturalmente per tutte le regioni), ha parlato il rappresentante dei governatori, Sergio Chiamparino: «Tagli insostenibili, non coprono alcun aumento di spesa. Mi auguro buon senso dal Governo». Quel buon senso a cui non credono Giovanni Toti (Liguria), Luca Zaia (Veneto) e Roberto Maroni (Lombardia): «Manovra lacrime e sangue, faremo le barricate». Con Zaia che preme sui costi standard.
Costi standard che arriveranno piano piano, «altrimenti il Sud morirebbe» dicono fonti governative e non solo. Mentre tra le regioni del Sud circola la voglia di chiedere anche loro un “fondino di riequilibrio”. Insomma, un pentolone che ribolle. Mentre alla Camera si va avanti sulla responsabilità professionale: ieri due emendamenti del relatore del Ddl e responsabile sanità del Pd, il renziano Federico Gelli, hanno aperto la strada a quello che arriverà con la manovra. Ma siamo ancora agli inizi, sebbene a meno di una settimana dal Consiglio dei ministri del prendere o lasciare.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 9 ottobre 2015