I funzionari della sicurezza alimentare dovrebbero essere presenti e proattivi sui social media come Facebook e Twitter. E’ quanto sostengono gli autori dell’articolo “The Use of Social Media in Food Risk and Benefit Communication” pubblicato sulla rivista Trends in Food Science Technology.
L’articolo vuole essere una disamina sui cambiamenti strutturali avvenuti nel campo della comunicazione negli ultimi anni soffermandosi in particolare sui pro e contro dei social media come possibile strumento per la comunicazione dei rischi alimentari.
La costante proliferazione di applicazioni di social media come le comunità online, i siti di social networking o i vari blog rappresentano una interessante opportunità da sfruttare. Ed è proprio qui -secondo gli autori- che dovrebbe svilupparsi la presenza di coloro che operano nel campo della sicurezza alimentare. Il monitoraggio delle conversazioni online per esempio permette di prendere coscienza delle percezioni dei consumatori relativamente alle questioni alimentari, consentendo al tempo stesso il rilevamento e il monitoraggio dei problemi in tempo reale, ma anche le opinioni su temi scottanti quali gli Ogm o la clonazione degli animali. Alla luce di questo, gli esperti di sicurezza alimentare non possono permettersi di trascurare l’uso dei social media. Un uso che tuttavia -secondo gli autori dell’articolo- non sarebbe privo di insidie. Spesso infatti i social media possono nascondere problematiche scaturite da informazioni errate o fuorvianti. In caso di crisi alimentare ad esempio, possono contribuire a far degenerare la situazione, creando panico ingiustificato o isteria. Ma la sfida da intraprendere per i comunicatori del rischio sugli alimenti sta proprio qui: correggere le informazioni errate e porre se stessi come fonti attendibili di informazione interattiva, in grado di comunicare tempestivamente con il pubblico. La presenza sui social media diventa quindi fondamentale per affrontare rapidamente e correggere sviluppi contenenti imprecisioni o disinformazione, anche se tutto questo richiederebbe uno sforzo considerevole sia in termini di risorse che di spese.
Anche Patrick Wall, ex chair di EFSA e coordinatore del progetto di ricerca finanziato nell’ambito del Seventh Framework Programme (FP7) della Commissione europea denominato FoodRisC e coordinato dalla University College di Dublino (nella quale Wall ricopre la carica di professore associato di Sanità Pubblica), ha voluto sottolineare la necessità di sfruttare la risorsa dei social media, una risorsa che al momento pare più sfruttata dalle aziende private che non dalle autorità per la sicurezza alimentare. Un concetto che lo stesso Wall aveva espresso anche lo scorso mese a Parma, in occasione della conferenza Efsa@10 che ha visto tra i temi trattati anche il rapporto tra la stessa Authority alimentare europea e i social media. Link
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0924224412002142
http://www.foodrisc.org/about_15.html
sicurezzaalimentare.it – 14 dicembre 2012