La stretta e inscindibile relazione tra la materia relativa alla etichettatura e quella relativa alla rintracciabilità degli alimenti può creare tra gli organi di controllo confusione sulle competenze e la Fnovi ha auspicato da parte del Ministero vigilante “un definitivo e consapevole atto di chiarezza che porterebbe alla risoluzione della problematica”. Lo spunto è offerto dalla recente contrapposizione che si è verificata a Palermo tra Guardia costiera e servizi veterinari. In particolare, nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, le informazioni obbligatorie ai consumatori in ogni stadio della commercializzazione e ai fini della tracciabilità, così come previste dall’art. 8 del Reg. CE n. 2065/2001, sono fornite mediante l’etichettatura o l’imballaggio del prodotto oppure mediante un qualsiasi documento commerciale della merce, ivi compresa la fattura.
In questo contesto, l’art. 4, comma 1, del Decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali del 27/03/2002 prevede che l’inosservanza delle disposizioni relative alle informazioni obbligatorie richiamate agli articoli 1 e 2 del suddetto decreto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria (prevista dall’art. 18, comma 3 del decreto legislativo n. 109/1992 e S.m.i. in violazione del disposto dell’art. 4 del medesimo decreto) e che all’accertamento delle violazioni ed alla applicazione delle sanzioni amministrative provvedono i soggetti incaricati della sorveglianza sulla pesca e sul commercio dei prodotti.
La rintracciabilità dei prodotti alimentari è invece disposta dal Reg. CE n. 178/2002 in tutte le fasi della produzione, trasformazione e della distribuzione. Gli operatori devono essere in grado di individuare sempre i propri fornitori e individuare i propri clienti solo se si tratta di imprese escludendo quindi da tale obbligo la vendita al consumatore finale. La mancata dimostrazione, da parte del dettagliante, di chi sia il fornitore o, se si tratta di impresa, l’acquirente costituisce violazione dell’art. 18 del Reg. 178/2002 ed è soggetto a sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 2 del Dlgs n. 190/2006.
In questo, parlando di sicurezza alimentare, caso è Autorità competente l’Azienda Sanitaria Locale nella sua articolazione afferente al Dipartimento di Prevenzione Veterinaria.
Nel caso sottoposto all’attenzione della competente direzione ministeriale il Reparto Operativo Centro Controllo Area Pesca della Direzione Marittima di Palermo sostiene il proprio “diritto” a svolgere, per il tramite del Corpo della Capitaneria di Porto, gli accertamenti sui prodotti alimentari nel caso gli stessi siano prodotti della pesca, così come affidatogli storicamente dalla legge 963/65 e in ultimo dal decreto legislativo 09/01/2012 n. 4, al fine di assicurare una corretta e trasparente informazione a tutela del consumatore e sancito da norme di carattere comunitario e nazionale nel frattempo emanate.
Dall’altra parte il Dipartimento di Prevenzione Veterinaria, in qualità di Autorità Competente a ricevere i rapporti di cui all’art. 18 della legge 689/81 in materia di sicurezza alimentare, così come sancito dalla Circolare 17 gennaio 2013 dell’Assessorato della Salute della regione Sicilia, ha inteso disporre l’archiviazione dei verbali (39) elevati dalla Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Palermo, sostenendo che la Capitaneria di Porto – Guardia Costiera non è riconosciuta quale Autorità Competente cui gli operatori del settore alimentare devono mettere a disposizione le informazioni e le procedure di cui all’art. 18, comma 2, del Reg. CE n. 178/2002.
La Federazione ha auspicato da parte del Ministero “un definitivo e consapevole atto di chiarezza che porterebbe alla risoluzione della problematica sopraesposta”.
Ufficio stampa Fnovi – 25 novembre 2013