Rocca salva e dipendenti riassorbiti. Vale il vecchio detto, lievemente riveduto: di fronte al progetto di legge sono tutti uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri.
Capita così che il disegno di sfoltimento della galassia di società controllate dalla Regione Veneto, che prevedeva nella versione originaria di sopprimerne cinque, passi dal vaglio della Prima commissione consiliare e ne esca modificato in un punto essenziale: le «vittime» della razionalizzazione scendono da cinque a quattro.
Possono essere chiuse Ferrovie Venete, Immobiliare Marco Polo, Edilizia Canalgrande e Terme di Recoaro, mentre si salva la Rocca di Monselice Srl, grazie a un’intesa bipartisan tra un pezzo di maggioranza (il Pdl) e un altro pezzo di opposizione (il Pd), che ha fatto arrabbiare il partito di maggioranza relativa, la Lega Nord. Il cui capogruppo, Federico Caner, ha parlato apertamente di «riforma annacquata e, nella sostanza, inutile». Anche se, alla fine, l’ha votata pure lui.
Caner non ce l’ha soltanto con il salvataggio della «Rocca di Monselice» (favorito da un emendamento apposito presentato da Piergiorgio Cortelazzo del Pdl) ma anche con la norma del progetto di legge che prevede la riassunzione di tutti i dipendenti delle società soppresse, che verranno riassorbiti dalla Regione stessa o da altre partecipate in carenza di organico (?). «Ma che riforma è? – tuona il capogruppo leghista -. A me sembra una farsa. Se taglio doveva essere, andava fatto prevedendo un reale risparmio per le casse pubbliche, e non modificando il provvedimento in base al comodo del proprio territorio. Qualcuno ha preferito tenere in piedi “careghe” a sé care (il riferimento è chiaramente alla Rocca di Monselice, presieduta da Ferdinando Businaro, e al suo salvatore Cortelazzo, ndr)».
Il provvedimento – come sottolinea anche il relatore Costantino Toniolo del Pdl -, in ogni caso, è stato approvato dalla Prima commissione senza voti contrari (astenuti Diego Bottacin del gruppo misto e Franco Bonfante del Pd). Perciò arriverà in consiglio regionale per l’approvazione definitiva con la clausola di riassunzione del personale e con le sole quattro vittime sacrificali, tutte accomunate da bilanci in deficit («La Rocca di Monselice, al contrario – specifica Cortelazzo -, ha i conti in attivo e non pesa sul bilancio della Regione»). Addio quindi a Ferrovie Venete, che risulta inattiva da quel tempo; Immobiliare Marco Polo (11 dipendenti e un amministratore), che gestisce la splendida villa Contarini di Piazzola sul Brenta e l’affitto di palazzo Torres-Rossini, la dependance del consiglio regionale dove tengono ufficio i gruppi politici; Edilizia Canalgrande, la cui unica ragione di esistenza è l’affitto di due immobili regionali, peraltro con l’onerosa consulenza di uno studio di commercialisti («E ha in portafoglio – sottolinea Toniolo – quasi 3 milioni di euro in titoli in scadenza e 525 mila in deposti bancari»); infine la società che gestisce le storiche Terme di Recoaro, in provincia di Vicenza, più volte ricapitalizzata dalla Regione ma cronicamente in perdita (ha accumulato quasi 2 milioni di debiti). Per la cronaca, secondo le stime della Prima commissione, chiudendo queste quattro società la Regione avrà un rientro nelle immobilizzazioni pari a una ventina milioni di euro, mentre il controvalore in titoli in scadenza, depositi bancari e liquidità sarà pari a 5 milioni. Non proprio quattro soldi.
Ma chi farà in futuro il loro lavoro? Il progetto di legge ha previsto anche questo: semplicemente, la direzione regionale del Demanio.
Corriere del Veneto – 9 ottobre 2013