Dopo l’accordo tra Pd e Pdl sul tetto ai contributi privati è atteso un emendamento sui modi per l’uscita di scena dell’attuale sistema
L’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti sarà uno dei primi test su cui si misurerà la nuova maggioranza dopo aver scampato la crisi di Governo. Il provvedimento, che ha subìto varie vicissitudini con un andirivieni tra commissione Affari costituzionali e Aula di Montecitorio, da fine settembre è ritornato in assemblea, anche se la scorsa settimana non è stato inserito nel calendario dei lavori.
Vi ricomparirà da domani, forte di un accordo raggiunto tra Pd e Pdl – accordo, però, precrisi, che si tratterà di vedere se reggerà anche dopo il travaglio del centrodestra – sul tetto ai finanziamenti privati. «I contributi delle persone fisiche – spiega Emanuele Fiano (Pd), relatore di maggioranza – non potranno superare i 300mila euro l’anno. Per quanto riguarda le società, il tetto dovrebbe essere di 200mila euro, ma su questo punto l’intesa ancora non c’è. È stato inoltre deciso che per i prossimi tre anni il tetto dei finanziamenti privati corrisponderà, con un andamento a scalare, al 15, 10 e 5% dei bilanci degli ultimi esercizi».
Si tratterà ora di trasferire l’accordo raggiunto all’interno del testo che l’aula ha già iniziato a esaminare – l’ultima seduta al riguardo (quella del 26 settembre) si è fermata all’articolo 4 – anche se non sarà il solo emendamento da far confluire nel disegno di legge. I relatori di maggioranza – insieme a Fiano c’è Mariastella Gelmini (Pdl) – hanno intenzione di rivedere la scansione temporale dell’abbandono del finanziamento pubblico. Al momento il Ddl prevede che, a partire dal 2014, le risorse statali vengano progressivamente decurtate del 40, 50 e 60%, per arrivare al 2017, quando i partiti si reggeranno solo sui contributi dei privati, ovvero le erogazioni liberali o la quota proveniente dal 2 per mille dell’Irpef.
«L’intenzione – aggiunge Fiano – è di rivedere quella progressione partendo dal 25%, per poi passare al 50 e al 75 per cento. Bisogna, infatti, considerare che i contributi provenienti dal 2 per mille non sono contestuali alla scelta del contribuente, ma arrivano due anni dopo. Questo lascerebbe scoperti i partiti nel primo periodo della riforma. Inoltre, c’è da mettere in conto che è difficile stimare, considerata anche l’attuale distanza dei cittadini dalla politica, quanto proverrà dal 2 per mille».
Modifiche che, secondo Fiano, non dovrebbero comunque rallentare il percorso del disegno di legge a Montecitorio, anche se si dovrà tener conto delle priorità che il calendario deve accordare al decreto legge sul femminicidio, a quello sull’Imu e all’altro sulla pubblica amministrazione, il primo in scadenza tra una settimana e gli altri due a fine ottobre (si veda l’articolo a fianco).
L’obiettivo è di fare presto, così da approvare il Ddl entro la fine dell’anno e poterlo applicare dal 2014. In questo modo, lo Stato inizierebbe a risparmiare sui 61 milioni che ora destina ogni anno ai partiti. «Alla Camera non dovremmo avere problemi – commenta Fiano –. Non so, però, prevedere cosa potrà accadere al Senato». Il finanziamento pubblico dei partiti è abolito, sostituito da contribuzioni volontarie. È prevista una fase transitoria durante la quale il finanziamento pubblico è progressivamente ridotto: rispettivamente del 40%, 50% e 60% a partire dal 2014. Dal 2017 il finanziamento pubblico va in soffitta I partiti devono realizzare un sito internet nel quale pubblicare, in nome della trasparenza, le informazioni sull’assetto statutario, gli organi associativi, il funzionamento, i bilanci, le posizioni reddituali dei titolari di cariche di Governo e dei parlamentari (compresi quelli europei) Possono aspirare al 2 per mille dell’Irpef dei contribuenti solo quei partiti iscritti nella seconda sezione del registro nazionale e che abbiano almeno un candidato eletto alle politiche o alle europee. L’accesso ai benefici è subordinato alla presentazione di una richiesta formale I partiti sono libere associazioni. Devono dotarsi di uno statuto redatto nella forma dell’atto pubblico, che deve contenere, tra l’altro: i diritti e doveri degli iscritti; la cadenza delle assemblee nazionali; le modalità per promuovere la parità tra i sessi negli organismi collegiali; le modalità di selezione delle candidature Se nell’anno le erogazioni superano i 5mila euro, i partiti devono trasmettere alla presidenza della Camera l’elenco di chi ha versato i contributi e la relativa documentazione contabile. Atti che devono essere resi pubblici. I partiti iscritti nella seconda sezione del registro devono avvalersi di una società di revisione esterna Le erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti danno diritto a detrazioni fiscali. Per quanto riguarda le persone fisiche, la detrazione è del 52% nel caso di erogazioni da 50 a 5mila euro l’anno; per le erogazioni superiori a 5mila e fino a 20mila euro la detrazione è, invece, del 26 per cento I partiti che ottengono il via libera dalla Commissione di garanzia degli statuti sono iscritti in un registro nazionale. Il registro si compone di due sezioni: una relativa ai partiti che soddisfano i requisiti per essere ammessi al finanziamento privato agevolato, l’altra relativa ai partiti politici ammessi alla ripartizione del 2 per mille dell’Irpef Per accedere al finanziamento privato i partiti devono aver ottenuto almeno un eletto alla Camera, al Senato, al Parlamento Ue o in un consiglio regionale. Altrimenti basta aver presentato candidati in almeno tre circoscrizioni per la Camera o in tre regioni per il Senato o in una circoscrizione per le europee o ancora in un consiglio regionale A partire dal 2014 ogni contribuente potrà destinare il 2 per mille dell’Irpef riportata nella dichiarazione dei redditi dell’anno prima a favore di un partito. Il limite massimo di spesa per la destinazione del 2 per mille è di 21,4 milioni per il 2014, 9,6 per il 2015, 27,7 per il 2016 e 45,1 dal 2017
Il Sole 24 Ore – 7 ottobre 2013