Fabio Poletti. L’Italia è un Paese per vecchi. E pure «latitanti» visto che nel saldo nascite-morti nel 2015 sono scomparsi 150mila di noi. Una volta e mezza gli abitanti di Novara. «Se va avanti così nel 2060 avremo 1 milione e 200 mila abitanti con più di 95 anni. Oggi sono 150 mila. Con un evidente squilibrio sociale», fa due conti Gian Carlo Blangiardo, docente di Demografia alla facoltà di Statistica all’Università Bicocca di Milano che ha pubblicato la sua ricerca che prende in esame l’ultimo secolo sul sito Neodemos.
I quasi centenari all’orizzonte del Belpaese daranno problemi non solo perchè con questi numeri sarà difficile garantirgli una pensione, ben difficilmente potranno produrre reddito pur con tutti gli imprevedibili cambiamenti del mercato del lavoro ma soprattutto saranno un peso enorme in tema di sanità e assistenza sui bilanci dello Stato.
Se qualcuno ha voglia di preoccuparsi farà bene a non aspettare altri 45 anni. Un calo degli abitanti così evidenti ha un solo precedente, il triennio 1916-1918, quando gli effetti della Grande Guerra non meno letali dell’epidemia di Spagnola decimarono la popolazione. I nuovi nati si fermano nel 2015 a 489 mila. Il saldo con i decessi, considerando solo gli italiani, è di 170-180 mila unità. Nemmeno l’afflusso degli immigrati è più una risorsa. L’analisi statistica non tiene ovviamente conto dei clandestini, la cui presenza è stimata a 400 mila unità difficilmente tracciabili a fronte di una presenza di 5 milioni e mezzo di stranieri regolari.
Il contributo demografico dato dagli stranieri è pari ad appena 20-30 mila unità l’anno, contro le 200-300 mila di qualche anno fa. L’analisi del ridimensionamento del flusso fatta dal professor Gian Carlo Blangiardo è implacabile: «Deve il suo ridimensionamento alla minore attrattiva dell’Italia nel panorama della mobilità internazionale (escludendo doverosamente sbarchi e transiti)». Al di là di qualche isterica analisi politica buona per una propaganda di facile consumo sull’«invasione degli stranieri a casa nostra», sembra che il dato demografico vero sia quello dell’«evasione».
Ma a scappare dall’Italia non sono solo gli stranieri. Ad alleggerire la bilancia demografica sono le nuove generazioni italiane che lasciano il Paese alla ricerca di un futuro. Gli effetti a lungo termine li conosce ancora nessuno assicura il professor Gian Carlo Blangiardo: «Siamo di fronte alla crescente fuga di nostri connazionali: il conto dei giovani che cercano nuove opportunità e soddisfazioni oltre confine matura anno dopo anno, in silenzio ma con effetti – umani e socio economici – cui forse non si dà ancora il giusto peso». L’immagine è quella di un Paese con un futuro nero. Oggi sono mancati 150 mila invitati al cenone di Capodanno 2015. Ma, si chiede il docente: «Conviene interrogarci su fino a quando, se si avrà ampia conferma degli andamenti osservati, ci sarà ancora la possibilità di fare un cenone».
La Stampa – 13 gennaio 2016