Miriam Massone. Era pubblicitario, art director e regista nella «Milano da bere», una vita su di (33) giri perchè è stato – ma lo è ancora – pure musicista. Di quel periodo si è portato dietro lo spirito naif, l’animo d’artista, l’estro per il marketing, mentre della città ha conservato l’accento, di Genova (dove è nato).Per il resto Stefano Piccardo, a 40 anni è un uomo nuovo, incarnazione perfetta della «decrescita felice».
Definirlo margaro, sarebbe riduttivo: lui alleva mucche in via d’estinzione, è una sorta di archeologo della campagna: «Ho restaurato un alimento», dice nella tenuta La Castagnola del 1600, salvata dal tempo e da potenziali speculatori, a Cassano Spinola nel Tortonese. Stefano è il più grande di 16 nipoti: «Ho deciso di occuparmene io». E con il ritorno nella tenuta – 40 ettari di prati, cascina di 2 mila metri quadri – per lui è iniziato anche un viaggio a ritroso nel tempo: «Volevo sapere cosa si mangiava lì in passato, in quelle colline, come curavano e preparavano la carne i nonni dei miei nonni». Così ha intervistato gli anziani del borgo ed è finito negli Anni 30 quando il bestiame si allevava solo per sussistenza.
Sono due le razze, autoctone: «La Tortonese, che è molto selvaggia, difficile, minuta, sembra un cerbiatto, e la Pezzata Rossa d’Oropa: ce ne sono poche e sono molto piccole». Ne ha prese 26: «Sono diventate 60» grazie alla riproduzione naturale (ci pensa l’unico toro). E con loro è cresciuto lo staff. Insieme, la svolta: Stefano ha intuito il valore di quel recupero e ha deciso di brandizzare la sua esclusiva. «Così è nato il marchio “carne 1874”», antica più di un secolo. La si può mangiare solo qui – agnolotti, stracotto, bollito, costate – alla Castagnola, che è diventata società agricola e b&b.
Velleità di trovarla nei supermarket? Neanche un po’. Quel brand – «carne 1874» – è una specie di opera d’arte. Come la vita, qui: ci sono pittori, musicisti, e ragazzi che – un po’ come lui, «l’archeologo delle mucche» – hanno scelto di cambiare vita.
La Stampa – 6 giugno 2016