Il Sole 24 Ore. L’allarme rosso ormai è acceso in mezza Italia dove negli ospedali sia i reparti di terapia intensiva, quelli destinati ai pazienti più gravi, che quelli di area medica per i malati meno gravi hanno superato o sono vicinissimi alle soglie di allerta. Sono già nove le Regioni – Campania, Liguria, Lombardia, Marche, Bolzano, Piemonte, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta – che hanno oltre il 30% (la soglia di allerta fissata dal ministero della Salute) dei 7.483 letti in terapia intensiva attivati a ieri occupati dai pazienti Covid con la media nazionale che ha superato quell’asticella di sicurezza assestandosi al 30,6 per cento. Ma anche gli altri ricoveri, quelli meno gravi nei reparti di «area medica», sono ormai a un passo dalla linea rossa da cui non si può tornare indietro: quella del 40% di posti occupati dal Covid.
Una situazione insostenibile che pagano soprattutto tutti i pazienti non Covid che si vedono giorno dopo giorno togliere posti letto, tanto che il ministero della Salute ha appena diramato una circolare per «la valutazione della graduale rimodulazione dell’attività programmata differibile». In altre parole il rinvio di interventi, ricoveri e prestazioni non urgenti. Insomma lo stop alle altre cure – escludendo le urgenze e le oncologie – è sempre più vicino come accadde a marzo scorso nel pieno della prima ondata quando saltarono 300mila interventi chirurgici e milioni di visite e prestazioni ambulatoriali. Già diverse Regioni – a partire da Campania e Calabria – e molti ospedali hanno fatto questa scelta dello stop alle altre cure e altre Regioni e strutture sanitarie saranno costrette a seguire questa strada nei prossimi giorni.
A spiegarlo ieri è stato il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Silvio Brusaferro, durante la sua audizione in Commissione Affari Sociali della Camera. Il significato dei cut-off, ovvero dei valori soglia definiti dal ministero della Salute, è che se abbiamo «oltre il 40% di occupazione dei letti di area medica per patologie Covid vuol dire che dobbiamo riprogrammare le attività sanitarie dilazionabili per altre patologie, così da trovare posto e dare priorità ai pazienti con Sars-cov-2».
Marzio Bartoloni