Il ministro Maurizio Martina prepara le valigie per volare a New York il prossimo 26 settembre e presentare la Carta di Milano a Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni unite. La consegna della Carta di Milano avverrà in un evento collaterale all’assemblea generale dell’Onu che è chiamata a definire gli obiettivi del Millenium development goals del 2030.
Un momento quanto mai opportuno perchè i 193 membri dell’Onu, nel momento di definire nello specifico i nuovi obiettivi, potranno cogliere le indicazioni della Carta di Milano in fatto di lotta alla fame e tutela del pianeta. Nella lista degli otto obiettivi del Millenium development goals al 2015, lo “sradicamento della povertà estrema e la fame” figurava al primo punto.
Ieri a Expo Martina è stato chiaro: «Alle Nazioni Unite ci arriviamo con una serie di obiettivi, che abbiamo identificato insieme, cittadini, aziende, società civile e istituzioni, anche a partire dal Protocollo di Milano proposto dalla Fondazione Barilla. Noi portiamo in dote questo lavoro perché il 31 ottobre Expo finisce ma non terminano la responsabilità e l’impegno del futuro per affrontare i paradossi dell’alimentazione. Il lavoro che abbiamo realizzato lascerà il segno nella scrittura dei nuovi obiettivi del millennio, che inizierà tra qualche giorno all’Onu».
Dopo la visita di Martina a New York, il 16 ottobre il segretario generale Ban Ki-moon sarà a Expo. Insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La Carta di Milano, voluta dal Governo italiano, è un documento che richiama tutti ad assumersi le responsabilità per garantire alle generazioni future il diritto al cibo. In particolare, i grandi temi individuati sono quattro: quali modelli economici e produttivi possano garantire uno sviluppo sostenibile in ambito economico e sociale; quali tipi di agricoltura riusciranno a produrre una quantità sufficiente di cibo senza danneggiare il pianeta; le migliori pratiche e tecnologie per ridurre le disuguaglianze; come riuscire a considerare il cibo non solo come mera fonte di nutrizione, ma anche come identità socio-culturale.
Il Sole 24 Ore – 24 settembre 2015