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Spending, dalla riforma Pa 1-1,3 miliardi. Risparmi più consistenti nel biennio 2017-2018. Attuazione in tre tranche. Entro fine anno riassetto di pubblico impiego e dirigenza

È uno degli assi in mano al Governo nella partita con Bruxelles sui margini di flessibilità nel quadro di finanza pubblica. Ma la riforma della Pa, approvata definitivamente dal Parlamento prima della pausa estiva, è anche uno dei cardini della spending review 2.0 alla quale sta lavorando il commissario Yoram Gutgeld. In via ufficiale cifre non ne sono state ancora fatte.

Ma l’idea è quella di recuperare già per il 2016 almeno 1-1,3 miliardi, anche se tra i tecnici c’è la consapevolezza che in termini di riduzione di sprechi e di efficientamento di risorse la riforma Pa potrà dare un contributo consistente soprattutto nel biennio successivo. Anche per questo motivo il Governo, come ha già annunciato lo stesso Matteo Renzi, ha deciso di accelerare il più possibile la fase attuativa della legge delega Madia. I decreti legislativi saranno oltre una ventina. E, secondo l’ultima tabella di marcia, dovrebbero essere varati in tre tranche.

La prima entro la metà settembre con le misure anti-burocrazia e la nuova carta per la cittadinanza digitale; la seconda a metà di ottobre in parallelo alla legge di stabilità con gli interventi in chiave spending (partecipate, prefetture, servizi locali); la terza a fine anno con il riassetto di pubblico impiego e dirigenza.

Un fase attuativa rapida ma in più tappe dovuta anche alla necessità di quantificare con precisione i risparmi che potranno essere ottenuti già nel 2016 dalle misure che rientrano nel capitolo spending. Le scelte definitive saranno fatte a settembre. Ma Renzi ha già detto che per le partecipate l’obiettivo resta quello già indicato dall’ex commissario alla spending Carlo Cottarelli: scendere da 8mila a mille società. I tagli non investiranno le società quotate e si concentreranno soprattutto sulle cosiddette scatole vuote (strutture solo con amministratori) e su quelle con i conti in rosso considerate non di pubblica utilità. Una partita non facile da giocare anche per le resistenze già mostrate da più di un Comune. Anche dall’esito di questa partita, così come da quella sui servizi pubblici locali, dipenderà l’entità della dote dalla riforma Pa che potrà essere inserita nel pacchetto-spending per il 2016.

Ma pure altre misure garantiranno risparmi. In primis il riordino degli uffici territoriali del Governo con la scomparsa di molte prefetture, la riduzione dei corpi di polizia (“forestali” assorbiti probabilmente nei carabinieri e in parte nei vigili del fuoco) e le sinergie tra le stesse forze del comparto sicurezza. E del pacchetto dei decreti che dovrebbero essere varati a ottobre potrebbe fare parte anche il provvedimento sul taglio degli enti inutili in cui potrebbero confluire l’eliminazione di uffici interni alle Authority considerati doppioni di uffici ministeriali e le novità sugli stipendi dei dipendenti e sul meccanismo di finanziamento delle stesse Autorità garanti.

Con la manovra scatteranno tagli alla spesa (per il centro studi ImpresaLavoro le uscite delle Regioni sono cresciute del 3,9% tra il 2011 e il 2014) ma anche tagli delle tasse. Il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, ha detto che sarà rispettato l’impegno preso dal premier su Tasi prima casa, Imu agricola e tassa sugli “imbullonati” e che con la nuova local tax saranno razionalizzate le tasse locali. «Non vedo rischi» sul fronte Ue per l’eliminazione della tassa sulla prima casa, ha aggiunto Baretta secondo cui «i Comuni hanno ragione e diritto di dire che è necessario che siano compensati» per il gettito che verrà a mancare (oltre 4 miliardi). E il Governo è già al lavoro.

Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 20 agosto 2015 

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