La lista dei tagli. Tra i 600 e i 900 milioni verranno risparmiati dal ministero della Giannini, tra 400 e 500 da Lupi, 300 dal dicastero di Orlando
Dai 600 ai 900 milioni dal ministero dell’Istruzione. Tra i 400 e i 500 milioni dal ministero delle Infrastrutture, circa 300 da quello della Giustizia. E almeno altrettanti dalla Difesa (forse 400 milioni), magari anche per effetto di una nuova revisione del programma dei caccia “F 35” dopo il via libera di ieri della Camera alla mozione Pd che di fatto chiede al Governo di dimezzare il budget finanziario previsto. Per effetto degli incontri che si stanno svolgendo a via XX settembre tra i tecnici del ministero dell’Economia e quelli dei singoli dicasteri sta cominciando a prendere forma il complicato puzzle dei tagli a carico dei ministeri e della rimodulazione delle spese di loro competenza per far quadrare il cerchio delle “coperture” della prossima legge di stabilità. Con diversi nodi ancora da sciogliere. A cominciare da quello della sanità. Con braccio di ferro, e relativo balletto di cifre, sui tagli da inserire nella “ex Finanziaria”.
In un incontro tecnico a via XX Settembre, la Ragioneria ha rilanciato la richiesta alla Salute di partecipare fino a un massimo di 3-4 miliardi alla manovra 2015, anche riducendo il Fondo sanitario da 112 miliardi. Nel mirino acquisti di beni e servizi, centrali uniche d’acquisto, costi standard, farmaci, ospedali. Ma sul taglio al Fondola ministra Lorenzin e le Regioni avrebbero già avuto rassicurazioni da palazzo Chigi: non si tocca o salta il «Patto-salute». L’ipotesi di lavoro sarebbe comunque quella di accelerare i risparmi previsti dal «Patto», che secondo la Salute possono valere fino a 900 milioni nel 2015. Cifra che comunque non basta all’Economia. Di qui il balletto di cifre sui possibili risparmi, con una partita tutta politica. Che interessa anche i ticket, su cui una commissione Governo-Regioni dovrebbe presentare per fine settembre un’ipotesi tarata su redditi familiari e con meno sconti per le patologie croniche. Ma il gettito dei ticket dovrà essere a “effetto zero” rispetto a oggi, dunque senza un cent in più di incasso per le Regioni.
Non trascurabile si annuncia anche il contributo che arriverà dal ministero dell’Istruzione. Anche in questo caso c’è già stato un incontro tra i tecnici di via XX settembre e quello di viale Trastevere. Tra tagli e rimodulazione di spese ci si starebbe muovendo su un intervento che oscilla tra i 600 e 900 milioni. Una dote che consentirebbe di fatto di autofinanziare la riforma della scuola presentata nelle scorse settimane per grandi linee dal Governo. Quanto alla Difesa, oltre alla mozione Pd con cui viene chiesto al Governo di riesaminare il programma “F 35” alla Camera sono passate anche le mozioni di Fi e Sc. Il ministro Roberta Pinotti ha detto che è normale che «gli investimenti in termini di programma di armamenti devono essere fatti ragionando sulla compatibilità finanziaria del Paese e sui possibili ritorni».
Completare il puzzle dei tagli ai ministeri non sarà comunque facile. La parola definitiva spetterà a Matteo Renzi al rientro dagli Usa. All’inizio della prossima settimana il premier tirerà le somme con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Anche perché già mercoledì prossimo sarà ufficialmente rivisto il quadro macroeconomico con la nota di aggiornamento del Def sulla quale sarà poi modellata la legge di stabilità. La manovra effettiva dovrebbe aggirarsi attorno ai 15 miliardi, gran parte dei quali arriveranno da tagli alla spesa, anche utilizzando la regola Renzi del 3%, seppure in modo flessibile. Ma l’esecutivo assicura che non ricorrerà al vecchio metodo delle strette di tipo lineare.
A ribadirlo è il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, al Senato: il Governo punta a ottenere risparmi «grazie a una revisione della spesa» ma «non faremo tagli lineari del 3%». Morando fa anche notare che, malgrado il recente varo della riforma Fornero, la spesa previdenziale continua ad aumentare a causa «dell’andamento demografico».
Sul fronte della composizione della legge di stabilità, il viceministro dell’Economia, Luigi Casero, rispondendo a un’interrogazione in commissione Finanze alla Camera dello stesso presidente Daniele Capezzone afferma che «non esiste nessuna ipotesi allo studio sull’aumento della tassa di successione».
Il Sole 24 Ore – 25 settembre 2014