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Spending review, Governo vuole tagliare 10mila statali. Piano per prepensionamenti, mobilità, tredicesime e ferie

1a1a1_11aaaaapacchetto_stataliUno o due anni di deroga alla riforma Fornero per favorire l’immediato pensionamento degli statali sessantenni in esubero non ricollocabili. Il pacchetto sul pubblico impiego che confluirà nel decreto sui tagli alla spesa è a buon punto. I tecnici del Tesoro e del ministero della Pubblica amministrazione hanno lavorato alacremente anche ieri valutando nuove opzioni. A partire da un particolare meccanismo per favorire lo smaltimento delle ferie negli uffici (in primis delle amministrazioni centrali) non direttamente coinvolti nell’erogazione di servizi in tempo reale a cittadini e imprese. Il punto fermo del pacchetto resta la riduzione delle piante organiche: 20% per i dirigenti, a cominciare da quelli generali, 5-10% per gli altri statali.

L’altra operazione che scatterà sarà quella sugli esuberi (dovrebbero oscillare tra i 10mila e i 30mila): per quelli che non saranno ricollocabili si profilano due percorsi. Anzitutto il pensionamento. Che sarà garantito con le vecchie regole previdenziali (quelle ante-riforma Fornero) a chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011. E sempre con le vecchie regole dovrebbe accedere alla pensione anche chi maturerà i vecchi requisiti entro il 31 dicembre 2012 e, forse, fino a tutto il 2013. In altre parole, si tratterebbe di una deroga alla riforma Fornero di uno o due anni. Il secondo percorso di gestione degli esuberi dovrebbe essere agganciato alla mobilità per due anni (80% dello stipendio).

A salvarsi da questa stretta dovrebbero essere gli insegnanti. L’unica misura restrittiva, congegnata a viale Trastevere, dovrebbe riguardare i quasi 1.500 docenti all’estero: un nucleo che verrebbe significativamente ridotto di numero (di almeno un terzo). Il personale sarà interessato anche dal programma di riorganizzazione dell’intera pubblica amministrazione. Il decreto sui tagli rappresenterà una sorta di antipasto visto che sarà previsto l’accorpamento alle amministrazioni centrali di alcuni enti e strutture collegati ai ministeri e scatterà una prima riorganizzazione interna degli stessi dicasteri (riduzione di direzioni generali e dipartimenti).

Ma il grosso dell’intervento dovrebbe arrivare con la cosiddetta fase due del piano di revisione alla spesa, ovvero la spending review vera e propria, alla quale stanno lavorando i ministri Piero Giarda e Filippo Patroni Griffi. Con un pacchetto di provvedimenti da collegare a ottobre alla legge di stabilità dovrebbero essere ridisegnate diverse strutture, anche degli enti pubblici, con conseguente spostamento (mobilità) del personale e gestione degli esuberi.

Una questione che, insieme al timore di tagli “lineari”, preoccupa non poco i sindacati, dai quali non a caso nei giorni scorsi era arrivata al premier Mario Monti la richiesta di un incontro urgente sul pubblico impiego. Il Governo aveva convocato le organizzazioni sindacali, insieme alle altre parti sociali, per lunedì mattina alle 9 per illustrare le linee guida di tutto il provvedimento sulla spending review. Ma la rinuione è stata spostata a martedì mattina, fanno sapere dalla presidenza Consiglio dei ministri.

Arrivare a quota 7-8 miliardi, non escludendo di salire anche a 10 miliardi

Con il trascorrere delle ore l’ipotesi di un piano di tagli alla spesa “rafforzato” sembra prendere il sopravvento sull’opzione “light” da 5-6 miliardi. Anche se il malumore che comincia a serpeggiare in diversi ministeri per il possibile ricorso, sulla base del menù abbozzato dai tecnici del Tesoro, a un intervento dai connotati più simili a quello di una stretta di tipo “lineare” piuttosto che a un vera e propria spending review (destinata a decollare veramente solo in autunno) potrebbe ricollocare la barra sulla versione soft. Decisivo sarà l’atteso vertice tra i ministri, a partire da quelli di spesa, e il premier Mario Monti, che ieri da Bruxelles ha ribadito che non è necessaria una manovra aggiuntiva.

Una riunione che sembrava doversi tenere nella serata di domani ma che, con la decisione del premier di essere presente alla finale dei campionati europei di calcio, potrebbe anche slittare. Dalla nuova tabella di marcia dipende anche la convocazione del Consiglio dei ministri chiamato o varare il decreto sui tagli, che fino a ieri restava fissata, seppure solo in via ufficiosa, per lunedì pomeriggio. A questo punto un nuovo slittamento a martedì o mercoledì appare tutt’altro che improbabile. I previsti incontri di lunedì mattina tra il Governo e le parti sociali e, subito dopo, le Regioni sono stati spostati a martedì.

L’obiettivo del Governo resta quello di evitare il previsto aumento autunnale dell’Iva e di trovare nuove risorse da destinare alle aree dell’Emilia Romagna colpite dal terremoto. Nel caso in cui si dovesse optare per il piano rafforzato fa 7-10 miliardi verrebbe anche avviato il finanziamento delle cosiddette spese inderogabili (in primis quelle per le missioni di pace).

Il programma di tagli si snoderà in quattro direzioni. Anzitutto il piano del super-commissario Enrico Bondi sul freno agli affitti e sulla razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi, a cominciare dalla sanità, che sarà rafforzato con una parte del pacchetto-Balduzzi. Da questo versante dovrebbero arrivare dai 4 ai 6 miliardi (sanità compresa). La seconda direttrice è quella del pubblico impiego che si svilupperà sul mix di interventi messi a punto dal Tesoro e dallo staff del ministro Filippo Patroni Griffi (attesi dai 400 agli 800 milioni). Questo capitolo verrà rafforzato con alcune delle proposte di taglio arrivate dai singoli ministeri (accorpamenti di direzioni generali, dipartimenti e enti collegati, come ad esempio quelli di ricerca) e da un anticipo del programma di spending review vera e propria alla quale hanno iniziato a lavorare i ministri Piero Giarda e Patroni Griffi. A cominciare dalla riduzione dei tribunalini, delle Prefetture e degli uffici periferici del Governo (indirettamente collegato alla razionalizzazione delle Province).

Il terzo pilastro del decreto sarà la riorganizzazione delle Province (per la quale resta in piedi anche l’ipotesi di un provvedimento ad hoc). L’idea è di lasciare attivi 42 enti, ma si starebbe valutando anche l’ipotesi di arrivare a una configurazione con una sessantina di Province convincendo le Regioni a statuto speciale e inglobando le 10 città metropolitane. La quarta operazione sarà quella sulle società pubbliche e su quelle, di piccole dimensioni, create da enti locali e territoriali. Nel primo caso si punterebbe a rendere molto più snelli i Consigli di amministrazione delle società non quotate a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, come ad esempio Fs e Poste. Sul secondo fronte la potatura riguarderebbe una parte dei 3.127 enti strumentali, società, consorzi di Regioni, Province e Comuni, che risultano spesso doppioni di altre strutture. A spingere per un giro di vite è anche l’Upi, l’Unione delle Province italiane. Il decreto potrebbe essere arricchito anche con altri interventi, come ad esempio una fetta del cosiddetto piano Giavazzi sul riordino degli incentivi alle imprese, in parte già confluito nel pacchetto sviluppo varato nelle scorse settimane.

Quattro pilastri per la spending review

ACQUISTI

In primo piano c’è il progetto di Enrico Bondi sul freno agli affitti e sulla razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi, a cominciare dalla sanità, che sarà rafforzato con una parte del pacchetto-Balduzzi. Da questo versante dovrebbero arrivare dai 4 ai 6 miliardi

PUBBLICO IMPIEGO

L’altro intervento di rilievo è quello dei tagli al pubblico impiego che si svilupperà su un mix di interventi da cui sono attesi dai 400 agli 800 milioni. Questo capitolo verrà rafforzato da accorpamenti all’interno dei ministeri

PROVINCE

Il terzo pilastro del decreto sarà la riorganizzazione delle Province, lasciando attivi 42 enti. Si sta valutando l’ipotesi di una configurazione con una sessantina di Province convincendo le Regioni a statuto speciale e inglobando le 10 città metropolitane

SOCIETÀ PUBBLICHE

La quarta operazione sarà basata da un lato sullo snellimento dei Cda delle società non quotate a totale partecipazione pubblica e, dall’altro, dalla potatura di parte dei 3.127 enti strumentali, società e consorzi di Regioni, Province e Comuni

Il governo vuole tagliare 10 mila statali. Piano per mobilità e prepensionamenti

Spending review, la decisione del governo prevede la riduzione della pianta organica per la Pa. Per velocizzare le uscite dei dipendenti pubblici ipotesi deroga alla riforma Fornero. Giù la spesa per i farmaci. Spending review alla stretta finale. Girandola di riunioni ieri a Palazzo Chigi e al ministero della Sanità per mettere a punto il decreto che, dopo ulteriori verifiche previste tra oggi e domani, potrebbe essere varato già da lunedì, dopo i vertici con sindacati e Regioni (ma la riunione è poi stata spostata a martedì, ndr) Le cifre sono ancora ballerine: restano aperte tutte le opzioni, ma dopo i risultati positivi di Bruxelles, di sicuro c’è solo che bisognerà reperire i 4,2 miliardi per la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva di quest’anno, le risorse per il terremoto dell’Emilia e le spese inderogabili come quelle per le missioni internazionali. Forte anche del buon risultato del gettito Imu, ieri Monti ha escluso il ricorso ad una manovra di aggiustamento dei conti in corso d’anno. Resta tuttavia aperta l’ipotesi di portare l’arco temporale della manovra su tre anni (anche perché l’aumento dell’Iva ci sarà anche l’anno prossimo e la sua eliminazione costerà 13,2 miliardi). In questo caso si arriverebbe a 30 miliardi fino al 2014.

La sanità è al centro di un braccio di ferro nelle ultime ore. Riunioni tra i ministri interessati e lo stesso Balduzzi (titolare della Sanità) si sono tenute anche ieri: quello che è certo è che la spesa per i medicinali di Asl e ospedali dovrebbe scendere dall’attuale tetto del 13,2 per cento, ma il ministero della Sanità vorrebbe scendere di 2 punti mentre le richieste di Bondi sarebbero ben superiori (fino a 5 punti). L’obiettivo è comunque quello di ottenere risparmi complessivi di 1,5 miliardi.

Gran lavoro anche sul pubblico impiego: scontato il taglio dei buoni pasto da 7,5 a 5 euro al giorno, mentre come ultima cartuccia si tiene sempre pronta l’ipotesi di un rinvio del pagamento della tredicesima a gennaio del 2013. La manovra prevede la riduzione della pianta organica: del 20 per cento per i dirigenti, del 10 per cento i dirigenti di secondo livello e del 5 per cento per gli altri ruoli. In tutto sarebbero interessati 10 mila dipendenti: chi non accetterà la mobilità, cioè di spostarsi da un ufficio all’altro nell’ambito della Regione, passerà in “cassa” per 2 anni con l’80 per cento dello stipendio e poi 8 mesi in Aspi. A sorpresa spunta anche l’ipotesi di un rafforzamento della manovra: per favorire gli esodi si derogherebbe alla riforma Fornero in modo da mandare in pensione con le vecchie regole anche chi ha maturato i requisiti nei primi mesi di quest’anno.

La partita delle Province sembra farsi concreta: a fine anno la Corte costituzionale si pronuncerà sul sistema dei tagli previsto dal “Salva Italia”, c’è la possibilità che le Province vincano il ricorso e dunque si dovrà nuovamente procedere con legge ordinaria. Si taglieranno da 10 a 40 province con il metodo dell’accorpamento in base a numero di Comuni, superficie e abitanti. Tagli anche per Tribunali e Prefetture: queste ultime in particolare scompariranno dove saranno cancellate le Province. Per i Comuni sopra i 5.000 abitanti è previsto che gestiscano obbligatoriamente i servizi in forma associata.

Nel mirino anche le società partecipate da parte di Regioni, Province e Comuni. Ieri è stata la stessa associazione delle Province (Upi) a sottolineare che esistono 3.127 società, consorzi ed enti strumentali di Regioni, Province e Comuni, con “sigle improbabili” create dal nulla “spesso per spartire poltrone e gestire potere”. Costano al Paese 7 miliardi l’anno, di cui 2 per i soli Consigli di amministrazione.

Dal Sole 24 Ore e Repubblica – 30 giugno 2012

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