di Marco Rogari. Non meno di 5-6 miliardi da ministeri, acquisti Pa e sanità. Il piano della nuova “spending review 2.0” per il 2016 non è ancora completato, ma alcune coordinate sono già state individuate per tracciare la rotta che porta alla prossima legge di stabilità che, al momento, oscilla tra i 24 e i 25 miliardi. Il lavoro per centrare l’obiettivo dei 10 miliardi di tagli selettivi nel 2016 è a buon punto. Anche se alcune delle scelte strategiche saranno effettuate dal Governo soltanto a settembre. A cominciare da quelle sull’entità della stretta su partecipate, servizi pubblici locali e sedi periferiche dello Stato (in primis le Prefetture) prevista dalla legge delega sulla Pa approvata definitivamente dal Parlamento prima della pausa estiva.
Nel mosaico che sta costruendo il commissario Yoram Gutgeld insieme a Roberto Perotti, anche sulla base delle indicazioni provenienti dai 15 “cantieri” aperti nei mesi scorsi, almeno tre tessere sono già state collocate: acquisti di beni e servizi, ministeri e sanità.
Questi tre capitoli contribuiranno probabilmente con non meno di 5-6 miliardi di risparmi, un terzo dei quali dovrebbe essere garantito dal nuovo giro di vite sulle forniture della Pa al quale il Governo sta lavorando insieme a Consip anche con l’obiettivo di far salire a quota 87 miliardi la spesa presidiabile dalla controllata del Mef.
Gli altri 4-5 miliardi dovrebbero essere assicurati dal riordino delle tax expenditures (1,2-1,3 miliardi), dalla stretta su pensioni di invalidità e altri interventi di tipo “assistenziale” (qualche centinaio di milioni), dal riassetto degli incentivi alle imprese e dei sussidi per il trasporto, dall’estensione del meccanismo dei fabbisogni standard (non solo alla sanità), dal programma anti-sprechi per gli immobili pubblici (da 200 a 400 milioni) e dalla prima fase di attuazione di alcune delle misure contenute nella legge Madia. Misure queste ultime, come ad esempio quelle sulle partecipate e sulle prefetture, che dovrebbero vedere la luce con un mini-pacchetto dei circa 20 decreti attuativi legati alla delega Pa. Questi provvedimenti potrebbero essere varati dal Governo solo in parallelo alla legge di stabilità proprio per quantificare i risparmi che potranno garantire già nel 2016.
Il puzzle-spending 2.0, seppure in stato avanzato, deve insomma essere ancora completato. Anche perché quello che si accinge a varare il Governo non sarà un piano a corto raggio. La spending alla quale sta lavorando Gutgeld ha una fisionomia pluriennale (probabilmente triennale) e si accinge ad essere incorporata nel nuovo processo di bilancio. E questa spending, a ciclo continuo garantito, potrebbe essere anche collocata nel capitolo delle riforme, insieme a quelle già approvate su pubblica amministrazione e scuola (oltre al jobs act), su cui conta molto il Governo per ottenere da Bruxelles nuovi margini di flessibilità.
L’intenzione di palazzo Chigi è di fare leva ulteriormente sulla clausola “riforme” per spuntare come minimo un ulteriore 0,1% di deficit nel 2016 (possibilmente lo 0,2%) e su quella per gli investimenti per ottenere un ulteriore “sconto” (v. Il Sole 24 Ore di ieri). Il tutto con l’obiettivo di avere a disposizione non meno di 3-4 miliardi, 6-7 nella migliore delle ipotesi, da aggiungere ai 6,4 miliardi già conteggiati nell’ultimo Def.
Con una forbice stretta il Governo avrebbe a disposizione in tutto 10 miliardi aggiuntivi, mentre nell’ipotesi “più larga” potrebbe utilizzare 12-13 miliardi da sommare ai 10 miliardi che saranno garantiti dalla spending review. E proprio dall’esito del confronto con la Ue dipenderà l’entità finale della manovra, che sarà completata da una fetta delle risorse attese dal rientro dei capitali (utilizzabili però solo in versione una tantum) e una parte della dote dovuta alla più contenuta spesa per interessi sul debito. Nel caso i cui la Ue desse l’ok a un nuovo margine di 6-7 miliardi l’entità della manovra potrebbe anche lievitare a 27-28 miliardi, altrimenti si resterebbe a quota 24-25 miliardi.
A confermare che il Governo sta lavorando a una manovra «attorno ai 25 miliardi» è il viceministro dell’Economia, Enrico Morando. Che aggiunge che le coperture della prossima “stabilità” «derivano da fonti diverse»: spending review, «un risultato migliore nel contrasto all’evasione fiscale (ma solo per la riduzione della pressione fiscale)» e dai margini di flessibilità concessi dalla Ue. Flessibilità necessaria anche il sottosegretario Enrico Zanetti che però sottolinea come per Scelta civica la priorità per le coperture resta quello «dei tagli delle spese e delle agevolazioni settoriali antieconomiche».
Il Sole 24 Ore – 19 agosto 2015