Non saranno i 70 milioni di emendamenti generati dall’algoritmo ideato dal leghista Roberto Calderoli quando voleva fermare la riforma del Senato, ma le oltre 3.500 richieste di modifica piovute a Palazzo Madama rischiano di rallentare l’iter della manovra. Così le due relatrici del provvedimento, la Dem Magda Zanoni e Lorenza Chiavaroli (Ap), hanno subito suonato il campanello d’allarme. La prima ha chiesto «ragionevolezza» alle forze di opposizione. La seconda, invece, ha invitato i colleghi a trovare una sintesi sugli emendamenti, altrimenti c’è il rischio che il governo poi possa prendere in mano la situazione e decidere da solo come modificare il testo. Gli emendamenti comportano un fiume di proposte, dalle pensioni alla casa, dal Sud al credito, che dovrà passare un severo filtro di ammissibilità per evitare l’impasse dei lavori in commissione Bilancio. Da domani dovrebbero arrivare le proposte di modifica del governo mentre da martedì inizieranno le votazioni. I principali emendamenti
Ma più che al numero, già si guarda ai contenuti delle proposte. E soprattutto alle aperture che Palazzo Chigi e Tesoro potranno fare sulle richieste dei parlamentari. Tra i temi al centro della discussione con il governo c’è anche quello dei dipendenti pubblici.
Un punto, per ora, sembra immodificabile: i 300 milioni di euro messi sul piatto dal governo per il rinnovo del contratto, non saranno aumentati. Un’apertura, invece, ci sarebbe su un altro punto delicato, il blocco parziale del turn over dei dipendenti. Nella legge di Stabilità è stata inserita una norma con la quale il ricambio viene limitato per il prossimo anno al 25% della spesa per gli stipendi liberata l’anno precedente dai dipendenti andati in pensione. Tra gli emendamenti segnalati dal Pd ce n’è uno considerato politicamente «pesante». Porta in calce le firme della presidente della Commissione affari costituzionali, Anna Finocchiaro, del capogruppo della stessa commissione, Doris Lo Moro, e del suo omologo in Commissione bilancio Giorgio Santini. La proposta di modifica prevede di tornare alle norme del decreto Madia, ossia ad una percentuale di ricambio del 60% per lo Stato centrale e dell’80% per gli enti locali.
Sulla Legge di stabilità, il fronte pensioni e lavoratori in uscita appare quello più interessato da interventi di modifica da parte dei senatori democratici. A partire dall’ampliamento della no tax area dei pensionati, che per il Pd dovrà essere anticipata al 2016 e non rinviata al 2017 come prevede attualmente il Ddl di stabilità. A questo si aggiungerà l’emendamento sul prestito pensionistico. L’obiettivo è quello di aiutare i lavoratori vicini alla pensioni che perdono il lavoro. «La persona che sta negli ultimi 2-3 anni prima della pensione e perde il lavoro potrà chiedere un prestito che gli permetterà di arrivare alla data di maturazione della pensione. Poi sarà in tutto o in parte scontato sulla pensione», ha spiegato Santini, aggiungendo che fra le ipotesi resta in piedi anche quella di un aiuto da parte dell’azienda. Sulla flessibilità in uscita dal sistema pensionistico la volontà di agire è forte nella maggioranza. «Presenteremo delle proposte perché riteniamo sia un tema che va affrontato, è un problema serio quello di chi perde il lavoro a 62 anni – ha detto Giorgio Santini -. Qualcosa va fatto o con la legge di stabilità oppure all’inizio del 2016 con un intervento organico più ampio». Arriveranno poi anche ritocchi su esodati e opzione donna. Per i primi sarebbe in preparazione un emendamento finalizzato ad allungare da 12 a 36 mesi la mobilità, mentre per l’opzione donna si punta a coprire l’ultimo trimestre che resterebbe scoperto.
Delineati i capitoli centrali per possibili modifiche, ora bisognerà verificare la velocità dei lavori in commissione. Di certo 3.560 emendamenti rappresentano una montagna da scalare, anche se il vaglio di ammissibilità ne ridurrà la portata. Nel calendario della commissione sono previste sedute, con notturne comprese, fino a sabato prossimo. Ma non è escluso, «se fosse necessario e utile», un rinvio per il via libera anche a «lunedì o martedì» fa sapere una delle due relatrici, Federica Chiavaroli (Ap), sottolineando comunque che dovrà restare fermo l’impegno da parte di Palazzo Madama ad approvare la legge in Aula entro venerdì 20 novembre.
Notizie tratte da Messaggero e Sole 24 Ore – 8 novembre 2015