Nodo coperture. I tecnici della Rgs non bollinano i ritocchi su fusioni di Comuni e sisma in Sicilia. Assegno-figli doppio per 85mila soggetti con Isee sotto i 7mila euro. La soluzione alla questione “imbullonati”, ovvero la cancellazione della patrimoniale sui macchinari, l’aumento della franchigia Irap per le Pmi con la possibilità di estendere a tutti i lavoratori stagionali l’azzeramento della componente costo del lavoro.
I ritocchi al capitolo attività produttive della legge di stabilità con il passare delle ore stanno assumendo una fisionomia sempre più definita. E potrebbero essere accompagnati da un mini-rafforzamento del credito d’imposta sulla ricerca per le piccole imprese che operano nell’ambito di un sistema “a rete”. Il pacchetto complessivo delle principali modifiche del Governo e del relatore, Giorgio Santini (Pd), arriverà giovedì in commissione Bilancio al Senato. E ne faranno parte anche le nuove misure su Regioni e Province, la riduzione dell’aumento della tassazione sui rendimenti dei fondi pensione, sulla rivalutazione del Tfr destinato alla previdenza integrativa e sulle Casse privatizzate. Un altro ritocco riguarderà i “minimi” per i professionisti. Intanto dalla relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato relativa al testo approvato dalla Camera emerge che la platea del bonus bebé si riduce da 415mila a 330mila beneficiari, 85mila dei quali usufruiranno dell’assegno raddoppiato sulla base delle soglie Isee.
Un restringimento dovuto all’emendamento approvato a Montecitorio con cui il tetto originario di 90mila euro di reddito è stato sostituito da un tetto Isee di 25mila euro con l’irrobustimento del bonus per le fasce più povere (Isee inferiore a 7mila euro). Dalla relazione tecnica sulla versione modificata della “stabilità”, che alla Camera non era stata presentata perché la “fiducia” era stata votata su un testo spacchettato direttamente dalla Commissione (e non dal Governo) in tre maxi-articoli, emerge che la Ragioneria non ha bollinato due modifiche. In primis quella che prevede che nel caso di fusione di Comuni il Patto di stabilità interno debba essere rispettato dal «quinto anno successivo» dell’istituzione. Una misura che secondo la Rgs «determina oneri privi di copertura per 0,3 milioni di euro nel 2015, 10,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2017». L’altro ritocco non bollinato è quello relativo a una misura collegata al sisma del 1990 in Sicilia. Si dovrà quindi provvedere a sistemare le coperture in queste due norme in commissione Bilancio al Senato, dove la partita sulle modifiche entrerà nel vivo martedì, giornata in cui è fissata anche la scadenza per la presentazione degli emendamenti dei gruppi parlamentari.
Sempre martedì sarà la giornata decisiva per conoscere il destino della local tax e della riforma del canone Rai. È infatti prevista una riunione a palazzo Chigi per sciogliere gli ultimi nodi legati al pacchetto di modifiche da presentare al Senato. Già ieri Matteo Renzi ha ricevuto il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e nell’incontro è stato affrontato anche il tema dei ritocchi alla “stabilità”. Il Governo è intenzionato a spingere sull’acceleratore per inserire la local tax nella manovra ma a condizione che la riforma non generi confusione. Non solo: l’esecutivo deve fare anche i conti con i tempi ristretti a disposizione del Senato per esaminare la “stabilità” visto che il testo dovrà approdare in Aula al più tardi il 17-18 dicembre. Anche per questo motivo alla fine l’esecutivo potrebbe ricorrere a un decreto ad hoc.
Sul canone Rai al momento l’opzione sul tavolo è quella di introdurre nella manovra una sorta di norma ponte, ma il Governo potrebbe nuovamente frenare. Un’altra decisione che potrebbe essere presa martedì è quella sulla nuova scadenza per l’Imu agricola, che potrebbe anche non essere a gennaio.
Anche sul nuovo posizionamento dell’asticella della tassazione sui fondi pensione dovrà essere fatta una scelta definitiva. Al momento l’ipotesi più gettonata è scendere dal 20 al 17% allineando il prelievo a quello della quota rivalutata del Tfr destinato alla previdenza integrativa. Ma i partiti, Pd in testa, spingono per scendere ancora più in basso. Non è quindi del tutto escluso che si possa arrivare a quota 15 per cento.
Il Sole 24 Ore – 6 dicembre 2014