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Stabilità, il giorno della verità: domani il Consiglio dei ministri definisce la Finanziaria. Manovra ai nastri di partenza. Ecco i punti salienti del testo

Inizia alle 12:30 di giovedì 15 ottobre l’ultimo round sulla definizione della legge di Stabilità 2015, il pilastro su cui si fondano il bilancio e la politica economica dello Stato per il prossimo anno e, almeno in parte, quelli a venire. Il Consiglio dei Ministri è stato convocato nell’ultimo giorno utile, stando al calendario che l’Europa impone agli Stati membri, per la definizione della Manovra: poi il testo passerà all’esame sia del Parlamento italiano che dei tecnici di Bruxelles, che dovranno dare il loro placet.

Ecco i punti salienti di un testo che potrebbe valere poco meno di 30 miliardi di euro e che deve disinnescare clausole di salvaguardia che valgono da sole circa la metà di quel valore.

Pensioni. Dovevano essere un elemento fondante della Finanziaria 2016, ma il premier ha cambiato all’ultimo il menù adducendo come motivazione la necessità di conoscere meglio gli ingredienti a disposizione (si legga numeri sui pensionati e risorse da destinare). In ogni caso, nelle ultime ore Matteo Renzi è tornato a garantire che sarà solo questione di mesi, poi la flessibilità in uscita dal lavoro tornerà sul tavolo del governo. Allo studio ci sono state molte ipotesi tecniche, la sostanza è che – per gravare il meno possibile sui conti pubblici e dell’Inps – si chiederà un sacrificio ai lavoratori (taglio all’assegno) che vorranno lasciare il posto in anticipo rispetto ai parametri della riforma Fornero.

Imprese. I punti fermi a sostegno della ripresa economica, quindi concentrati sul lato delle attività produttive, alla vigilia del Cdm sembrano essere un anticipo del taglio dell’Ires (che dovrebbe diventare più corposo il prossimo anno), la possibilità di estendere gli ammortamenti per chi investe nel rinnovamento dei macchinari, con una dotazione di circa 1 miliardo. Altri capitoli dovrebbero essere il rafforzamento del credito d’imposta per chi investe in ricerca e l’ampliamento del piano a sostegno del Made in Italy, da affiancare al rinnovo del salario di produttività e alle politiche per il welfare aziendale. Sforbiciata in vista, invece, per la decontribuzione per chi assume nuovi dipendenti ‘stabili’: lo sgravio fino a 8mila euro (per tre anni) ha fin qui portato molte conversioni di contratti e di fatto ammazzato l’apprendistato. Ma è evidente che non si può imposare la politica del lavoro su questa ‘droga’ alle assunzioni indeterminate: Proprio alla vigilia del Cdm, l’Inps ha precisato in audizione alla Camera che lo sgravio dei contributi ha già portato un mancato introito delle casse dell’Inps tra gennaio e settembre di 1,4 miliardi (e ciononostante i contributi sono saliti dell’1,36%, 1 miliardo di euro, sul 2014). Tanto che domani il beneficio potrebbe esser dimezzato se non ridotto a un terzo. Per le Partite Iva, il governo ha anticipato un aggiustamento sul regime dei minimi con una possibile revisione al rialzo delle soglie di fatturato per accedervi.

Tasse e cittadini. Anche se ultimamente è uscita dai radar per l’emergere di altre questioni, la vera bandiera della Finanziaria per il 2016 è stata fin dalla scorsa estate l’annunciata abolizione della Tasi, che ha sollevato critiche internazionali per la sua opportunità (bisognerebbe detassare piuttosto il lavoro, è il ritornello che cantano nelel orecchie di Renzi e Padoan da Bruxelles a Bankitalia). Togliere la tassa sui servizi indivisibili dei comuni a tutte le abitazioni principali (ville e castelli inclusi), insieme all’Imu sui macchinari imbullonati e agricola costerà tra i 4,5 e i 5 miliardi. C’è poi la questione del bonus da 80 euro, che per i conteggi internazionali deve diventare una vera e propria riduzione del cuneo fiscale in forma di deduzione. Per la lotta alla povertà, è in arrivo una nuova versione di social card che dovrebbe garantire bonus fino a 400 euro per famiglie povere, in particolare quelle con bambini.

Coperture. Ancora una volta la regina delle coperture arriva al ballo finale depotenziata: la spending review dovrebbe portare 3-4 miliardi in meno rispetto ai 10 miliardi anticipati per mesi. A saltare, per altro, saranno le voci più radicali dal punto di vista strutturale, come le tax expenditure (aiuti a determinate categoria in forme di sgravi fiscali) che dal dossier Giavazzi in poi non sono ancora state risistemate. Via dunque a tagli lineari per i ministeri e alla razionalizzazione degli acquisti. All’interno dei capitoli dei tagli c’è la questione della santità: nell’ultimo incontro-scontro tra governo e Regioni è stata confermata la dotazione di 111 miliardi per il fondo del prossimo anno, 2 in meno rispetto alle aspettative. Altre voci emerse negli ultimi giorni riguardano i giochi: si studia, come ha riferito Agipronews, un aumento del prelievo erariale dell’1,5% sulle slot e dello 0,5% sulle Vlt, che porterà nelle casse dello Stato 487 milioni di euro. Dalla gara della nuova concessione per il Lotto potrebbero arrivare altri 350 milioni, mentre come panacea di altri mali si guarda all’incasso della voluntary disclosure, il rimpatrio dei capitali in nero, accreditata di un gettito fino a 3,5 miliardi. Per il resto, la manovra si fonda sugli aspetti espansivi dell’economia e del bilancio. La crescita 2016 posta all’1,6%, sopra altre stime, darebbe fiato all’economia e anche alle casse dell’Erario. E all’Ue si chiede uno spazio sulla possibilità di indebitarsi (quindi far crescere il rapporto deficit/Pil) fin quasi a un punto di prodotto: 16 miliardi di flessibilità (di cui 6 già impegnati per evitare gli aumenti Iva ereditati dai governi precedenti) che rendono la manovra strettamente dipendente dal buon esito delle trattative in sede Ue.

Al di là delle questioni strutturali, negli ultimi giorni sono emerse indicazioni che hanno fatto discutere: a cominciare dalla volontà del premier di rialzare a 3mila euro il tetto per l’utilizzo del contante negli acquisti, che da più parti è stato bollato come un disegno che favorisce l’evasione, mentre per Renzi significa “aiutare i consumi e dire basta al terrore”, visto che quei soldi sono comunque tracciati. Resta ancora da verificare la sistemazione finale del tema canone Rai, che il premier voleva ridurre a 100 euro ma inserire nella bolletta elettrica, per combattere l’evasione.

Repubblica – 14 ottobre 2015 

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