Pensioni, casa, enti locali e contanti sono le quattro partite che il Governo dovrà affrontare al Senato sulla legge di stabilità. Il testo del Ddl all’esame in queste ore del Capo dello Stato approderà soltanto domani a Palazzo Madama e sarà il presidente Pietro Grasso, martedì pomeriggio all’apertura dei lavori dell’Aula, ad avviare la sessione di Bilancio. Che, nelle intenzioni del neo presidente della commissione Bilancio del Senato, Giorgio Tonini (Pd), dovrebbe impegnare i senatori nella prima lettura della manovra e del Ddl bilancio almeno fino al 20 novembre prossimo.
Quello al Senato non si preannuncia un passaggio facile anche per le tensioni che si registrano all’interno della maggioranza. A partire dalla sinistra Pd che non sembra affatto intenzionata a fare sconti su temi come pensioni, casa e contante. Sulle pensioni la settima salvaguardia per circa 30mila esodati è esposta a forti tentazioni di allargamento. E qui i dissidenti dem possono trovare alleati anche fuori dalla maggioranza. Possibile anche il tentativo di introdurre per via parlamentare una forma di flessibilità generalizzata sulle pensioni anticipate, con la giustificazione che la “salvaguardia” posta con la proroga fino al 2018 della perequazione ristretta offre margini di risparmio su cui puntare. Peraltro su questa clausola non mancheranno altre contestazioni visti i ricorsi contro il Dl 65 dell’estate scorsa che ha risolto i nodi posti dalla Consulta con la sentenza n. 70 lasciando molti esclusi dal recupero dell’indicizzazione perduta.
L’abolizione della Tasi sull’abitazione principale non piace alla maggioranza bersaniana e il dietro-front del Governo ancor prima dell’ingresso in Parlamento della stabilità sull’applicazione dell’Imu a castelli e ville adibite a prima casa, è considerato soltanto un primo passo che va nella giusta direzione, ossia quella di rivedere gli spazi di esenzione delle abitazioni principali e recuperare risorse da destinare al welfare o al nuovo fondo povertà.
Ma su casa e soglia a 3mila euro del contante il Governo non sembra proprio voler lasciare spazi di manovra. L’aumento del tetto all’uso del contante da mille a 3mila euro è stato fortemente voluto da Area popolare ma ha sollevato numerose critiche all’interno dello stesso Pd con i dissidenti che l’hanno bollata come una misura pro-evasione e che «accresce la circolazione del nero» secondo Pierluigi Bersani. Ma come ha più volte ribadito il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, la norma sul contante non cambia e il Governo è pronto a chidere la fiducia.
Sul fronte enti locali le spine per il Governo sono più di una. Il rischio aumento ticket su tutte, stando almeno all’entità dei tagli chiesti alle Regioni e alla Sanità. C’è poi il problema dei disavanzi delle regioni e dei comuni. Come ha evidenziato ieri Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera dove la manovra approderà in seconda lettura, «nei rapporti con regioni ed enti locali è necessario un intervento urgente che, vista la straordinarietà del momento e l’urgenza, si potrà fare solo con un “decreto a perdere” nel 2015 salvandone gli effetti nella stabilità». Per Boccia, infatti, il problema sollevato dalla Corte dei Conti alla Regione Piemonte, guidata dall’allora Presidente Cota, sulla contabilizzazione delle anticipazioni ottenute dal Mef nel 2013 «può determinare nel resto del Paese un’esplosione a catena dei disavanzi. È evidente che il cosiddetto salva Regioni non dà soldi agli enti ma chiarisce i criteri di contabilizzazione sui disavanzi da spalmare in 30 anni». Stessa norma ponte che si rende necessaria per le numerose richieste dei Comuni con impatto già nel 2015, conclude nella sua nota Boccia. I sindaci, inoltre, chiedono ancora i 700 milioni a titolo di rimborso dello Stato per le spese di giustizia sostenute per gli uffici giudiziari, mentre le province reclamano altri 500 milioni per le funzioni fondamentali.
Tra i temi caldi e su cui la discussione si accenderà certamente ci sono anche i giochi. Le misure adottate dall’Esecutivo scontentano le opposizioni che gridano allo Stato biscazziere pronto a fare cassa con nuove concessioni. E scontentano le associazioni di categoria che si vedono aumentare la tassazione sugli apparecchi da intrattenimento e rinnovare le concessioni per le scommesse sportive senza che però prima siano stati definiti i rapporti tra lo Stato centrale e quello locale nella disciplina del gioco (distanze, orari di chiusura ecc.).
Pronti a far sentire la loro voce in Parlamento anche i Caf e i patronati che si vedono ridurre dalla stabilità 2016 i fondi disponibili, rispettivamente, per 100 e 48 milioni di euro. E il pubblico impiego, infine, difficilmente starà a guardare alla luce dello sblocco del contratto ritenuto “risibile” tra i 6 e gli 8 euro.
Marco Mobili – Il Sole 24 Ore – 25 ottobre 2015