Nuovi interventi per il Sud, una maggiore dotazione per le ex Province, qualche risorsa per mini-ritocchi al capitolo previdenza. È già pronto l’elenco delle materie su cui Governo e maggioranza hanno trovato l’accordo per gli emendamenti alla Stabilità che verranno introdotti alla Camera.
Un menù destinato ad aprirsi con le maggiori risorse da destinare alla sicurezza e alla difesa, naturalmente, su cui la riflessione è aperta ufficialmente dopo l’annuncio di ieri del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, intenzionato ad avvalersi dell’eventuale superamento per questo addendum dei vincoli del Patto di stabilità e crescita.
La dote di riferimento per finanziare le nuove modifiche (al netto dei fondi per l’emergenza terrorismo) dovrebbe restare nell’ambito dei 150 milioni messi a disposizione dal fondo della presidenza del Consiglio per spese indifferibili e le politiche sociali. Avrebbe invece bisogno di una dote specifica, e ben più consistente, l’intervento di sostegno al Mezzogiorno. Su quest’ultimo punto perde quota la proroga della decontribuzione sui nuovi assunti, a favore di un nuovo credito di imposta sul modello della “Visco Sud” da finanziare pescando dal Fondo sviluppo e coesione (Fsc). Occorrerà ancora una riflessione, anche perché la misura avrebbe un costo elevato, intorno agli 1,5 miliardi, da reperire probabilmente utilizzando come anticipo risorse Fsc appostate per il 2017 nell’ordine di 3 miliardi.
Il “bonus” investimenti per il Sud, secondo le prime formulazioni dei tecnici, potrebbe avere una durata triennale, sarebbe comunque di entità piuttosto contenuta (10%, al massimo 15%) e riguarderebbe nel complesso otto regioni: Calabria, Sicilia, Campania, Basilicata, Puglia, Molise, Abruzzo e Sardegna. Se la disponibilità finanziaria potrà essere reperita mediante le risorse Fsc, andrà comunque congegnata la norma in modo da minimizzare rischi di obiezioni e di allungamento dei tempi, da parte della Ue. Per questo la misura verrebbe disegnata sulla base della Carta degli aiuti a finalità regionale, con un perimetro molto preciso di investimenti agevolabili: creazione di un nuovo stabilimento o ampliamento, diversificazione della produzione dello stabilimento per ottenere prodotti nuovi o cambiamento fondamentale del processo produttivo.
L’impegno sugli investimenti al Sud metterà a questo punto nel cassetto altri interventi di politica industriale che pure erano stati immaginati dal ministero dello Sviluppo economico durante la preparazione della legge. In primo luogo il rafforzamento dell’attuale credito di imposta per investimenti in ricerca e innovazione, che si sarebbe composto di due parti: aumento del tetto annuo di beneficio per singola impresa e parziale passaggio dal calcolo incrementale a quello sul totale degli investimenti effettuati.
Per tornare invece alla dote da 150 milioni del fondo di Palazzo Chigi, servirà a garantire gli altri interventi. A partire dalle risorse ai nuovi enti di area vasta sia per completare l’operazione di trasferimento del personale sia per garantire coperture alle funzioni sul fronte della viabilità e dell’edilizia scolastica. Potrebbe esserci in extremis qualche tentativo di riaprire il capitolo dei tagli alla sanità, nonostante l’accordo sul decreto salva-Regioni relativo ai fondi per i pagamenti arretrati. Alta l’ipotesi di correzioni su almeno due voci del “pacchetto previdenza”. La prima per cancellare i 3 mesi dell’aspettativa di vita nel calcolo dei requisiti di età per le lavoratrici dipendenti e autonome che vorranno optare per l’opzione donna avendo compiuto 57 o 58 anni entro la fine di dicembre. E sempre su “opzione donna” si introdurrebbe poi un sistema di monitoraggio per verificare quanta parte della dote assegnata (2,5 miliardi entro il 2020 per una platea di 36mila potenziali beneficiarie) verrà utilizzata davvero. La seconda per modificare qualche data che esclude dalla nuova platea di salvaguardati situazioni molto particolari e isolate. Alla Camera si vorrebbe anche anticipare al 2016 l’allargamento della “no tax area” per i pensionati, ma i limiti di spesa si farebbero subito troppo stretti.
Davide Colombo e Carmine Fotina – Il Sole 24 Ore – 19 novembre 2015