Tagli di spesa da un minimo di 7 miliardi a un massimo di 10 miliardi. Che rimarranno lontani dall’obiettivo di 16 miliardi di spending review indicato nel Def dell’aprile scorso. E che per circa un terzo vedranno direttamente coinvolti gli enti locali e le regioni, per un altro terzo nasceranno dalla stretta sulle voci di competenza dei ministeri compresa quella degli incentivi alle imprese, e per il restante 30% dovrebbero arrivare dal nuovo giro di vite sugli acquisti di beni e servizi, sanità compresa.
A questa dote dovrebbe aggiungersi un altro miliardo dallo sfoltimento della giungla delle tax expenditures. In tutto 10-11 miliardi per alimentare solo parzialmente la prossima legge di stabilità. Che dovrebbero essere accompagnati da un ulteriore miliardo di micro-interventi una tantum non fiscali (ad esempio mini-alienazioni ad hoc). E, forse, da un’operazione sull’evasione Iva facendo leva sul meccanismo del “reverse charge” attualmente allo studio dei tecnici del Governo dalla quale potrebbero arrivare meno di due miliardi (v. altro articolo in questa pagina).
A una decina di giorni dal varo della “stabilità” previsto entro il 15 ottobre, gli interventi strutturali per garantire la copertura alla manovra oscillano tra gli 11 e i 15 miliardi. Con il risultato di collocare l’asticella della portata complessiva della legge di stabilità tra i 22 e i 26 miliardi per effetto degli 11,5 miliardi che, con la Nota di aggiornamento del Def, il Governo ha annunciato di voler ricavare azionando la leva del deficit pur rimanendo sotto il fatidico tetto del 3 per cento.
Come sottolineato a più riprese negli ultimi giorni da vari esponenti dell’Esecutivo, la prossima “stabilità” avrà una fisionomia espansiva, ovvero con la ripartenza della crescita come priorità. Per centrare questo obiettivo saranno liberati 12,5 miliardi: 7 miliardi per rendere permanente il bonus Irpef da 80 euro (in aggiunta ai 3 miliardi già previsti in via strutturale dal decreto Irpef); almeno 2 miliardi di riduzione del costo del lavoro agendo su contributi sociali e, forse, l’Irap; 1,5 miliardi serviranno per i nuovi ammortizzatori sociali legati all’attuazione del Jobs act; 1 miliardo sarà utilizzato per la regolarizzazione di 150mila insegnanti precari prevista dalla nuova riforma della scuola; un altro miliardo sarà destinato all’allentamento del Patto di stabilità interno per i Comuni. Ieri il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Sandro Gozi, oltre a ripetere che in Europa serve «una nuova impostazione» basata su più flessibilità nell’ambito delle regole Ue e più investimenti, ha ribadito che tre sono gli obiettivi della prossima “stabilità”: stabilizzazione del bonus da 80 euro, rafforzamento del taglio dell’Irap e una spending efficiente.
Su quest’ultimo fronte è ancora in corso il confronto tra i tecnici dell’Economia e quelli dei singoli dicasteri per completare la mappa dei tagli sulle voci di competenza dei ministeri. Un’operazione non semplice. Anche per questo avanza l’ipotesi di ricorrere almeno per una fetta della riduzione di spesa a tagli lineari o semi-lineari. Della spending impostata dal Commissario Carlo Cottarelli, che nelle prossime settimane lascerà l’incarico, la stabilità dovrebbe conservare almeno tre interventi base: la razionalizzazione delle partecipate, l’ulteriore centralizzazione degli acquisti di beni e servizi anche per quel che riguarda enti locali e regioni, la revisione del meccanismo di destinazione degli incentivi alle imprese.
I tagli effettivi non dovrebbero essere inferiori ai 7 miliardi. Anche perché oltre ai 12,5 miliardi per tentare di accelerare la ripresa dell’economia, il Governo dovrà trovare le coperture per non meno di 7-9 miliardi per alcuni interventi obbligati. In primis quella per disinnescare la clausola fiscale da 3 miliardi ereditata dall’ultima “stabilità” targata Letta-Saccomanni. Vanno poi trovati dai 4 ai 6 miliardi per le cosiddette spese indifferibili: dal rifinanziamento del 5 per mille alle missioni internazionali di pace passando per Anas e Fs. La portata della prossima legge di stabilità non potrà pertanto essere inferiore ai 21-22 miliardi. Ma l’asticella potrebbe salire. Anzitutto perché resta da risolvere la questione della proroga del bonus energetico e del bonus per le ristrutturazioni edilizie che potrebbe scattare per una sola delle due agevolazioni o in maniera più selettiva. C’è poi il nodo dello sblocco degli scatti per il personale delle forze di polizia (800 milioni). Che potrebbe essere coperto con tagli all’interno del comparto sicurezza.
Il Sole 24 Ore – 4 ottobre 2014