Giù l’indennità di carica, su quella di funzione ed il risultato è che per molti consiglieri la legge per il contenimento dei costi della politica si risolverà in un nulla di fatto, tra tagli e aumenti il saldo sarà zero.
Il vero risparmio si avrà invece grazie all’eliminazione del rimborso chilometrico: per alcuni eletti, quelli provenienti dal Bellunese ad esempio, valeva anche 3 mila euro al mese.
Alla fine, il conto presentato dal decreto 174 sul contenimento dei costi della politica nelle Regioni lo pagheranno soprattutto il governatore Luca Zaia ed il presidente del consiglio Valdo Ruffato. Messe in fila le cifre, infatti, sono loro (e soltanto loro) a vedersi decurtate entrambe le voci che compongono lo stipendio del consigliere regionale, e cioè l’indennità di carica, percepita in virtù dell’elezione (oggi ammonta a 7.607 euro lordi al mese; meno 1.107 euro, diventeranno 6.600 euro lordi), e l’indennità di funzione, riconosciuta a chi ricopre un qualunque incarico all’interno delle due istituzioni, giunta e consiglio (per i presidenti è di 3.072 euro lordi; meno 372 euro, diventeranno 2.700 euro lordi).
Per tutti gli altri, infatti, la sforbiciata all’indennità di carica, applicata indistintamente a ciascun consigliere, sarà lenita ed anzi, in molti casi del tutto annullata (c’è perfino chi ci guadagna qualcosina), dal contestuale aumento dell’indennità di funzione decisa dall’Ufficio di presidenza di comune accordo con i capigruppo. Il paradosso, così almeno lo spiegano, è frutto della volontà di razionalizzare il complesso meccanismo di calcolo delle indennità di funzione, oggi diverse a seconda che un consigliere sia vice presidente, assessore, capogruppo, presidente di commissione, segretario o revisore dei conti, riassumendole sostanzialmente in due soli scaglioni, da 2.400 e 2.100 euro lordi. In entrambi i casi superiori alla cifra attuale. I vice presidenti di giunta e consiglio, infatti, oggi percepiscono 2.194 euro (si ragiona sempre al lordo e al mese), gli assessori 1.755 euro, i capigruppo, i presidenti di commissione e i segretari dell’Ufficio di presidenza 1.316 euro: ebbene, tutti loro d’ora in avanti riceveranno un’indennità di 2.400 euro. Basta fare due conti per capire che per tutti c’è di che essere contenti e nel caso dei capigruppo, dei presidenti di commissione e dei segretari, l’aumento dell’indennità di funzione (più 1.084 euro) andrà sostanzialmente ad azzerare il taglio all’indennità di carica (meno 1.107 euro). Ancora meglio va a chi sta sull’ultimo gradino della scala degli incarichi, ossia ai vice capigruppo, ai vice presidenti di commissione, ai segretari di commissione ed ai revisori dei conti, che passeranno dagli attuali 877 euro ai 2.100 euro previsti per il secondo scaglione, con un aumento secco di 1.223 euro che non solo compenserà il taglio di 1.107 euro ma addirittura finirà per superarlo. Si dirà: va bene, ma quanti sono i consiglieri con un incarico a Palazzo Ferro Fini? La risposta è: tutti. Facendo riferimento solamente a quelli che alla fine della fiera riusciranno a pareggiare o addirittura a vincere la loro sfida con il decreto 174, e lasciando perdere i vice di Zaia e Ruffato e gli assessori, stiamo parlando di 47 consiglieri. Su 60. Alcuni ricoprono più di un incarico (i conti altrimenti non tornerebbero) ma il risultato non cambia se si ragiona a contrario: quanti sono i consiglieri che non ricoprono alcun incarico a Palazzo Ferro Fini? Soltanto 2: l’ex leghista Sandro Sandri ed il democrat Mauro Bortoli, secondi in sfortuna solo a Zaia e Ruffato visto che per loro non ci sarà modo di ammorbidire il taglio dei 1.107 euro all’indennità di carica.
E all’insù, a ben vedere, è stata modificata anche la terza voce della busta paga, e cioè quella relativa ai rimborsi spese esentasse. Oggi i consiglieri percepiscono 2.100 euro di forfait più 2.250 euro di diaria. Totale 4.350 euro. Domani, se la legge di applicazione del decreto 174 uscirà dall’aula così come vi è entrata, saranno 4.500 euro. In questo caso, però, a pesare in negativo è l’eliminazione del rimborso chilometrico casa-Venezia, che per i consiglieri bellunesi (sono 3) e veronesi (sono 12) arriva a pesare in busta paga anche 2-3 mila euro netti al mese. «Quest’ultimo provvedimento sarà quello che, a conti fatti, ci permetterà di effettuare i risparmi maggiori – commenta Valdo Ruffato – la riduzione della spesa si attesterà attorno a 1,3 milioni di euro l’anno. Sul fronte delle indennità, invece, è innegabile che la manovra peserà di più sui ruoli di vertice e meno sugli altri ed anzi, per qualcuno l’operazione sarà sostanzialmente a saldo zero». Il non detto, lo si può immaginare: per fare passare la legge in aula occorrono i voti. Se non si trovava il modo di contenere l’esplosione, chi mai avrebbe dato fuoco alla miccia che corre sotto i suoi piedi?
Riduzioni degli stipendi (in media di 1300 euro) e i gruppi. L’obiettivo è arrivare al voto il 23 per poter partire dal primo gennaio. Salvo sorprese. Tutti d’accordo, ma sul personale si dissocia il Pd: non c’è proporzione
Il Consiglio del Veneto prova a replicare con i fatti all’onda lunga dell’antipolitica e dà una sforbiciata ai costi del Palazzo, riducendo gli stipendi dei sessanta consiglieri nonché le spese dei nove gruppi. Il progetto di legge approvato dall’ufficio di presidenza riduce l’indennità di carica mensile (dagli attuali 7.707 a 6.600 euro) e rimodula quella di funzione, stabilendo un tetto massimo di 2700 euro e minimo di 2100. A conti fatti – e limitandoci agli estremi del ventaglio politico – i presidenti di Giunta e Consiglio riceveranno un’indennità complessiva di 9.300 euro lordi a fronte dei 10.679.58 percepiti sinora, mentre i consiglieri senza alcun incarico ne intascheranno 6.600. Il taglio medio, insomma, si aggirerà sui 1300 euro. Cambia anche il sistema dei rimborsi spese, esentasse, che sino ad oggi si articolava in una diaria mensile di 2250 euro più spese chilometriche e forfait per l’attività politica extra-istituzionale: le nuove norme prevedono un rimborso spese (sempre esentasse) di 4500 euro uguale per tutti, indipendentemente dalla distanza chilometrica da Venezia; somma che potrà essere ridotta nel caso di assenza alle sedute o di mancata partecipazioni alle votazioni.
Nessuna novità, invece, per i vitalizi (già aboliti un anno con decorrenza nella prossima legislatura…) né per il Tfr: l’importo massimo degli assegni di fine mandato è già stato fissato in una mensilità annua per non più di dieci anni di legislatura. Per quanto riguarda la spesa per il funzionamento dei gruppi consiliari, si prevede una contrazione del contributo che sarà proporzionale all’entità (5 mila euro per ognuno dei 60 consiglieri) e degli abitanti della regione (5 centesimi per abitante) e scenderà così dai 1.232.764 euro di quest’anno ai 550 mila euro per il 2013. Il Consiglio però continuerà a farsi carico delle loro spese strutturali (sede, utenze, strumentazione e telefoni, il cui importo nel 2012 è quantificabile in 400 mila euro), e di quelle per il personale, secondo il parametro concordato in sede di Conferenza Stato-Regioni che per il Veneto corrisponde a circa 3 milioni, una cifra equivalente alla spesa attuale.
Da notare che il nuovo testo sui costi della politica (in abbinata con le disposizioni proposte dalla legge di autonomia depositata ieri, che riorganizza struttura e organico del Consiglio) elimina il finanziamento sostitutivo ai gruppi: se approvate, questi ultimi non potranno più, dal prossimo anno, monetizzare in denaro contante le eventuali riduzioni dell’organico assegnato. Il progetto legislativo – sostenuto dai capigruppo di Pdl, Lega, Pd, Idv, Udc e Lista Bortolussi – ha come primo firmatario il presidente dell’assemblea di Palazzo Ferro-Fini, Clodovaldo Ruffato: «Il Veneto», rivendica «è la prima regione in Italia a recepire le indicazioni di contenimento della spesa per i propri consiglieri dando così immediata applicazione alla riduzione di stipendi, benefits e spese di funzionamento, secondo il modello di “virtuosità” concordato tra le assemblee legislative e approvato dalla Conferenza Stato-Regioni». Tant’è: depositato in mattinata, il progetto veneto passa ora con urgenza all’esame della commissione Affari istituzionali, così da poter arrivare al voto in aula entro il 23 dicembre e (salvo sorprese) entrare in vigore il 1° gennaio prossimo
Sulla riorganizzazione del consiglio però non c’è unanimità. Mentre per la riduzione degli stipendi e delle indennità dei consiglieri regionali hanno sottoscritto tutti, nel caso del taglio del personale per gli uffici di presidenza, il Pd ha chiesto tempo. «Bisogna affrontare la questione del taglio del personale con maggior attenzione — precisa il capogruppo del Pd Laura Puppato — questo provvedimento non riduce particolarmente i costi a carico della Regione mentre toglie tutele del personale precario a carico dei gruppi politici. La proporzione non c’è visto che un intero gruppo consiliare vale economicamente come un singolo assessore». Per l’esponente democratica che insieme a Lucio Tiozzo invierà a breve al presidente Ruffato una lettera con una proposta alternativa, questo taglio andrebbe a colpire la figura del portavoce delle opposizioni che si avvalgono di personale precario.
Il Mattino di Padova e il Corriere Veneto – 8-9 dicembre 2012