Non si può approfittare di un presunto clima goliardico che si è creato in ufficio per fare apprezzamenti volgari o addirittura insultanti a una collega. La Corte di cassazione, con la sentenza 8761, “smaschera” il ricorrente che, incontrando una dipendente aveva esclamato indicandola «c’è anche la pornodiva sulla piazza».
Una frase per la quale era stato assolto dal giudice di merito, che si era lasciato convincere dagli argomenti della difesa. La linea scelta per sdoganare l’insulto era stata quella della goliardia e del clima cameratesco che si era creato in ufficio. Una “leggerezza” che, ad avviso del ricorrente, consentiva le avances e anche le battute “piccanti”. A riprova del fatto che il suo atteggiamento era consentito, l’impiegato aveva citato anche un episodio analogo in cui un collega era stato altrettanto pesante, sempre con la parte lesa, e questa aveva risposto con un sorriso. Per finire, dandosi un po’ la zappa sui piedi, aveva detto che in passato per incidenti simili si era scusato ed era sempre stato perdonato. La Cassazione non sorride per la battuta pesante e sottolinea la valenza ingiuriosa di un termine che «attiene alla sfera sessuale ed è idoneo a connotare negativamente la figura della persona offesa». L’imputato non è stato, come aveva affermato il giudice di merito, imprudente nella scelta del vocabolo ma ha deciso in piena coscienza, approfittando del presunto clima “favorevole” di usare un epiteto sicuramente denigratorio che indica una donna dai costumi sessuali disinvolti «e adusa a fare ostenzazione di comportamenti normalmente da riservare a una sfera di intimità». Il fatto che la signora in passato avesse perdonato, dimostra poi solo la sua buona educazione ma certo non giustifica il perseverare del comportamento scorretto. Il collegio della V sezione, composto da cinque uomini, ricorda poi che se la donna aveva risposto con un sorriso alla condotta scherzosa di un collega, questo non autorizzava un altro uomo a ritenere che le sue battute siano altrettanto tollerate e gradite.
Il sole 24 Ore – 23 febbraio 2013