La strada per affrontare la “sfida del secolo” è tracciata. Decarbonizzazione «obbligatoria», almeno 100 miliardi di dollari l’anno dai paesi più potenti a quelli più vulnerabili e poveri per fronteggiare la crisi climatica, fondi che dovranno diventare trilioni dal 2025 grazie al coinvolgimento di investimenti privati. E poi l’ampliamento delle rinnovabili e la creazione di milioni di lavori green, il coinvolgimento permanente dei giovani nelle trattative sul clima e un impegno più coraggioso, con la ridefinizione dei piani climatici locali, nell’evitare un aumento delle temperature sopra gli 1,5° rispetto ai livelli preindustriali e fissato dall’Accordo di Parigi.
A Milano, dopo tre giorni di confronti serrati fra 50 ministri di tutto il mondo, si è conclusa la Pre-Cop26, anticipazione della Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite che si terrà a Glasgow a novembre, evento «del secolo per le sorti del Pianeta», ha detto John Kerry, inviato Usa per il Clima, e su cui «tutto il mondo avrà focalizzata l’attenzione», ha dichiarato la Regina Elisabetta.
I potenti riuniti al MiCo avevano due compiti: ascoltare la voce dei ragazzi — i 400 delegati da tutto il mondo che hanno dato vita allo Youth4Climate e un documento condiviso con le loro richieste — e al tempo stesso trovare le prime intese in direzione della Cop26. Come ha detto il ministro della Transizione Energetica Roberto Cingolani, che ha guidato la PreCop, «ascolteremo la voce dei giovani e la porteremo sempre in mente. La decarbonizzazione dovrà essere obbligatoria e tutti siamo concordi in azioni condivise per limitare l’aumento delle temperature ».
Il punto cruciale su cui insistono i ministri, come hanno ribadito Kerry, il vicepresidente Ue Frans Timmermans e il presidente Cop26 Alok Sharma, è mantenere l’impegno dei Paesi del G20 a garantire i 100 miliardi di dollari l’anno ai paesi più vulnerabili per permettere giustizia climatica e infrastrutture che garantiscano mitigazione e adattamento. In realtà ad oggi sono solo promesse, perché i soldi non ci sono: i ministri si sono però detti convinti non solo che riusciranno a trovarli, ma anche che nel tempo — dopo il 2025 — andrà alzata l’asticella, «dovremo parlare di trilioni». Denaro che sarà possibile soltanto grazie al coinvolgimento di investimenti privati e creazione di nuovi posti di lavoro per rafforzare le economie libere dal fossile.
In questa nuova visione del mondo per disincentivare l’uso delle fonti fossili sarà decisiva la posizione della Cina. Per Sharma l’annuncio cinese di stop alla costruzione di impianti fossili all’estero e la collaborazione annunciata con gli Usa sono segnali che siamo «sulla buona strada ». Resta però il nodo Australia, paese refrattario all’addio al carbone e che forse non sarà presente in Scozia, dove a margine dei negoziati potrebbe essere annunciato l’Egitto (oggi solo candidato) come futura sede della Cop27.
Naturalmente, ogni paese dovrà fare la sua parte e adottare strategie differenti a seconda di problemi ed esigenze: ecco perché i ministri spingono per piani d’azione locali più specifici e ambiziosi da richiedere alla Cop26 in modo da contrastare gli effetti della «più grande minaccia per l’umanità» come l’ha definita Kerry, crisi da trattare «in maniera rapida e radicale» dice Timmermans.
A ricordarci l’urgenza di tutto questo è la scienza: il rapporto Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) sostiene che con l’attuale andamento delle emissioni il mondo andrà oltre l’aumento di 2 gradi, quindi al vertice di Glasgow andranno prese decisioni «non più derogabili», dice Sharma. Per scongiurare l’ulteriore innalzamento delle temperature servirà anche in Italia, per esempio, una «transizione energetica basata sulle rinnovabili, ma in questo passaggio dovremo affidarci al gas ancora per un po’», sostiene Cingolani confidando nel futuro miglioramento dei «sistemi di accumulo delle rinnovabili» che permetterebbe un abbassamento dei costi del gas dal quale si sta cercando di uscire gradualmente.
Per far sì che la Cop26 sia davvero un successo storico, tutti i punti condivisi a Milano dovranno passare dalle parole all’azione: altrimenti, come dicono Greta Thunberg e i ragazzi del clima, resteranno soltanto “bla bla bla” che rubano il futuro alle nuove generazioni.
Repubblica