di Michele Bocci. Se il Piemonte spendesse per i medici del suo sistema sanitario quanto la Lombardia, risparmierebbe 54 milioni di euro all’anno. Lavorare di qua o di là dal confine tra le due regioni fa la differenza per un camice bianco: circa seimila curo lordi. Qualche centinaia di euro in più in busta paga per fare lo stesso identico lavoro. Al visitare, curare, operare, fare esami vengono dati 20 valori diversi nel nostro Paese, uno per ogni regione. Nello sterminato universo delle differenze di spesa in sanità c’è un capitolo che non viene quasi mai preso in considerazione ma pesa come un macigno sui bilanci. I costi del personale. L’Agenas, agenzia nazionale delle regioni, l’estate scorsa ha presentato una ricerca alle amministrazioni locali proprio per mettere in guardia sulle contraddizioni in questo campo. I dottori, infatti, hanno un contratto collettivo nazionale ma nelle aziende sanitarie è possibile fare la contrattazione locale. E qui nascono le differenze.
La cosa che salta agli occhi nei dati 2012 è che le Regioni che spendono di più sono prevalentemente quelle in piano di rientro a causa dei bilanci in rosso e in molti casi fanno pure largo uso del precariato. Sono le stesse realtà che hanno più difficoltà ad assicurare i livelli essenziali di assistenza (Lea) imposti dal ministero. È un’equazione rovesciata: chi paga di più, lavora peggio.
In fondo alla classifica, con 120 mila euro per dottore (previdenza compresa), c’è il Molise. A seguire c’è il Piemonte con 119.443, poi la Calabria (quasi 117 mila), il Lazio (116 mila), il Veneto (ancora 116 mila), l’unica del gruppo a non avere problemi con bilancio e Lea. Poi arrivano Campania e Basilicata con 115 mila. Sono nella media Marche, Friuli e Lombardia con 113 mila euro. Se tutte queste regioni pagassero i loro professionisti come l’Emilia Romagna (111.800 et-o), considerata punto cli riferimento in fatto di spese, il sistema risparmierebbe centinaia di milioni di euro. I dottori, sempre in Piemonte, sono oltre 9 mila, pagarli 8 mila curo in menu vorrebbe avere 71 milioni in più per la sanità. Il Lazio, con quasi 10 mila medici, metterebbe da parte 50 milioni. E via così. Stesso discorso vale anche per gli infermieri, che guadagnano meno ma sono molti di più. La forbice in questo caso è tra i 47.900 euro delle Campania e i 12.100 euro della Sardegna. Se si facesse riferimento sempre all’Emilia (48.500 euro) la regione amministrata da Caldoro, che ha 19 mila infermieri, risparmierebbe 82 milioni. Ma agire sugli stipendi non è facile. Anche perché le assunzioni sono rare e il personale acquista anzianità.
Il Venerdì di Repubblica – 7 novembre 2014