Sono l’esempio migliore per dimostrare il teorema sull’invadenza della politica, almeno di quella politica che entra anche quando non dovrebbe entrare. E non c’è zona d’Italia che non sia stata toccata da un’inchiesta giudiziaria sul tema. Ma forse sulle Asl, le aziende sanitarie locali che «guidano» sul territorio gli ospedali e i medici, siamo a un punto di svolta.
La nomina dei direttori generali sta per essere sottratta alla discrezionalità delle Regioni. Diventerà necessario pescare da una lista nazionale di idonei preparata con criteri trasparenti. Un meccanismo che non elimina del tutto (e come potrebbe?) i margini di manovra politica. Ma che di sicuro li riduce parecchio.
La nuova procedura è prevista da un provvedimento di nove articoli che dovrebbe arrivare domani in Consiglio dei ministri. Si tratta di uno dei decreti che dà attuazione alla riforma della pubblica amministrazione, diventata legge l’estate scorsa. Nel dettaglio il nuovo sistema funzionerà così. Il listone di idonei sarà preparato ogni due anni. A scegliere chi far entrare e chi no sarà una commissione di cinque persone: due scelte dal ministero delle Salute, due dalla Conferenza delle Regioni, una dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari, l’organo che aiuta il ministero ad analizzare i costi di un settore enorme, che copre l’80% dei bilanci regionali.
Per entrare nel listone, oltre ad avere meno di 65 anni, sarà necessaria la laurea, un’esperienza dirigenziale di almeno cinque anni e anche la partecipazione ad alcuni corsi di formazione per la gestione sanitaria. Di regole ce ne sono tante altre, ma la sostanza sta proprio qui, nel listone. Alla fine a scegliere sarà il presidente della Regione. Ma senza quella grande libertà oggi prevista dalla legge, perché il nome del nuovo direttore dovrà venire per forza da quella lista di idonei. Non solo.
Una volta nominato, il direttore generale si vedrà assegnare dei compiti precisi. Sia sul funzionamento dei servizi, sia sugli obiettivi di salute, ad esempio il tasso di mortalità infantile. Ma anche sulla cosiddetta appropriatezza prescrittiva, cioè il fatto che i medici non prescrivano troppe medicine che poi finiscono per pesare sui bilanci delle Regioni. Come saranno definiti questi obiettivi lo stabilirà, come al solito, un provvedimento successivo. Ma avranno il loro peso. Dopo due anni di lavoro, il direttore generale sarà valutato da una commissione regionale proprio sulla base di questi criteri. E, se i risultati non saranno in linea con le attese, potrà perdere il suo incarico, persino essere cancellato dal listone nazionale. Con la necessità, quindi, di trovarsi un lavoro diverso.
L’obiettivo, dunque, è «lasciare la politica fuori dalle Asl», come da slogan ascoltato tante volte. Ma in fondo le nuove regole somigliano a quelle che avevamo fino al 1994, quando c’era un listone di idonei tenuto dal ministero della Sanità. Poi la scelta fu messa nelle mani delle Regioni. Allora si pensava che ogni decisione presa sul territorio fosse buona e giusta. Oggi tira un’aria molto diversa.
Lorenzo Salvia – Il Corriere della Sera – 22 dicembre 2015