di Vera Martinella. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’Oms, massima autorità in materia di studio degli agenti cancerogeni, ha inserito le carni rosse e lavorate fra le sostanze che possono causare il cancro negli uomini, confermando le anticipazioni dei giorni scorsi. Come si legge nella pubblicazione appena rilasciata sulla rivista scientifica The Lancet Oncology, dopo aver revisionato oltre 800 studi epidemiologici che indagavano l’associazione fra carni rosse e insorgenza di cancro in tutto il mondo, gli esperti IARC hanno deciso di catalogare fra i cancerogeni certi (gruppo 1) «sulla base di sufficienti evidenze che le legano al tumore del colon, le carni rosse lavorate, ovvero quelle salate, essiccate, fermentate, affumicate, trattate con conservanti per migliorarne il sapore o la conservazione. Inoltre un legame è stato individuato anche con il tumore allo stomaco». la nota
Il consumo di carne rossa (per esempio manzo, maiale, vitello, agnello, montone, cavallo o capra) è stato invece inserito nella lista dei probabili carcinogeni per l’uomo (gruppo 2°), «in considerazione dei numerosi e rilevanti dati che dimostrano un’associazione positiva fra carni rosse e soprattutto cancro al colon, ma anche tumori di pancreas e prostata». Le liste compilate dallo IARC, raggruppano le sostanze sulla base del livello di cancerogenità dimostrato in diversi studi scientifici, ma «quando leggiamo che una sostanza o un agente è stato inserito in uno degli elenchi non è il caso di farsi prendere dal panico – spiega Carmine Pinto, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e direttore della Struttura Complessa di Oncologia dell’Irccs Santa Maria Nuova di Reggio Emilia -. È necessario capire quali sono i reali margini di rischio e sapere non solo in che lista si trova una certa sostanza, ma anche quali sono i dosaggi e la durata d’esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non solo teorico».
Quattro categorie di sostanze cancerogene
Esistono infatti quattro differenti liste di agenti cancerogeni, stilate fin dal 1971 dall’ente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dedicata alla ricerca sui tumori sulla base degli studi disponibili nella letteratura scientifica. Secondi i criteri della classificazione (come spiega questo documento dell’Istituto Superiore di Sanità), il gruppo 1 contiene i carcinogeni umani certi e comprende al momento 117 agenti (come il benzene, l’amianto, l’inquinamento atmosferico, il fumo di tabacco e il fumo passivo, le radiazioni ultraviolette, i virus dell’apatite B e C o il Papillomavirus); il gruppo 2A comprende carcinogeni probabili per l’uomo e contiene 74 agenti; il gruppo 2B riunisce i carcinogeni possibili, per un totale di 287 sostanze; il gruppo 3 comprende le sostanze non classificabili come carcinogene (al momento sono 503); il gruppo 4, infine, raggruppa sostanze probabilmente non carcinogene per l’uomo (in questa categoria c’è una sola sostanza, il caprolactam, un precursore del nylon).
L’esperto: «Cautela e nessun allarme»
«Serve cautela nel valutare la notizia e comunque non è un fulmine a ciel sereno – sottolinea Stefano Cascinu, responsabile dell’Oncologia Medica azienda ospedaliera universitaria di Ancona e past presidenti di Aiom -. Diverse ricerche scientifiche avevano già messo in luce i problemi legati a un eccessivo consumo di carni rosse e lavorate. Moltissimi dati sono arrivati negli ultimi anni ad indicare che il sovrabbondante (troppe quantità e troppo frequente) consumo di carni rosse è connesso allo sviluppo di tumori, soprattutto dell’apparato digerente (colon prima di tutto, ma anche stomaco e pancreas). Era già apparso anche chiaro che molto dipende dal tipo di cottura: carni alla brace, affumicate, conservate possono comportare maggiori problemi durante la preparazione. Meno si sa invece del tipo di carne “incriminata” ovvero se esistano differenze tra mucca, maiale, vitello, eccetera. Tenendo presente che, ad esempio, le popolazioni mongole hanno un’incidenza di tumori del colon bassissima, pur avendo un’alimentazione che si basa prevalentemente sulla carne di yak, noto anche come bue tibetano».
Alimentazione e prevenzione
Studi condotti su numeri molto ampi di persone avevano per esempio messo in luce che il rischio di tumore al seno sale se si mangia troppa carne rossa in giovane età o i pericoli legati alle troppe proteine, soprattutto animali, durante la mezza età. Restano insomma da approfondire i motivi, ma è ormai certo che le carni rosse contengono molti grassi animali che causano uno stato infiammatorio cronico e alti livelli di insulina e, dunque, favoriscono sovrappeso e l’obesità. Un mix di concause noto per far lievitare, insieme ai chili di troppo, le probabilità di ammalarsi di cancro. Non a caso da tempo gli esperti di tutto il mondo ripetono che quattro tumori su dieci nascono da abitudini sbagliate e che l’alimentazione è fondamentale per prevenire il cancro. Non c’è dubbio che la dieta mediterranea sia un toccasana per la nostra salute e molti studi dimostrano da anni, in modo inequivocabile, la potenza di una dieta sana, povera di grassi animali e ricca di vegetali.
«I risultati del gruppo di lavoro – sottolinea Christopher Wild, direttore dell’Iarc – devono far riflettere sulla possibilità di rivedere le attuali raccomandazioni sui limiti all’assunzione di carne. Allo stesso tempo però questo alimento ha un alto valore nutrizionale. Quindi è essenziale che i governi e le agenzie regolatorie internazionali intervengano per bilanciare i rischi e i benefici del consumo di carne rossa e lavorata e forniscano le migliori raccomandazioni dietetiche alla popolazione».
Dal canto suo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, rilancia la «dieta mediterranea». «Occorre guardare a quale è stata la nostra linea fino adesso – sottolinea -: promuovere la dieta mediterranea, che è corretta dal punto di vista dei nutrienti e prevede una piramide» in cui viene inclusa anche la carne rossa, che va però «prediletta fresca». Insomma, «se tutti adottassero stili di vita sani, in primis la dieta mediterranea, avremmo un crollo dell’incidenza di malattie importanti come il diabete».
Corriere.it – 26 ottobre 2015