Le acque in profondità del lago di Garda si stanno surriscaldando. Se nel 2006 la temperatura tra i 200 e i 250 metri di profondità era di 7,6°C, nel dicembre 2015 è passata a 8,6°C. L’andamento è di 0,1 gradi l’anno. Continuando così l’ecosistema del lago potrebbe stravolgersi. A rivelarlo è una ricerca, la prima a livello globale realizzata unendo e confrontando dati satellitari e indagine sul campo. C’hanno lavorato 64 studiosi, tra cui alcuni italiani.
«La tendenza al riscaldamento sarà interrotta con l’arrivo di un inverno più freddo – spiega Nico Salmaso della Fondazione Mach nella trentina San Michele all’Adige, che ha partecipato alla ricerca – ma questi livelli di temperatura al fondo sono i più alti mai rilevati finora». Stiamo parlando, continua il biologo, di «uno dei laghi con la migliore qualità dell’acqua a livello europeo. I ricercatori scandinavi si stupiscono sempre: quando lo si attraversa in barca, le onde sono di un colore blu che loro ci invidiano. I loro laghi sono lunghi e con bassi fondali, così eutrofizzati che le acque sono scure».
Cosa sta succedendo, dunque? «E’ la dimostrazione più lampante degli effetti del riscaldamento globale – racconta Anna Rigosi, ricercatrice veneziana di base ad Adelaide in Australia, anche lei nel global network di indagine – E per la comunità scientifica, nonostante per la prima volta siano emersi evidenti le cause, le decisioni a Parigi del meeting sul clima sono piuttosto deludenti».
Come dire: nessuno può più negarlo, ma i governi sono lenti e timidi nel prendere decisioni.
La ricerca, uscita a dicembre con una grande eco nella comunità scientifica, ha passato sotto la lente 235 laghi. Confrontando la media degli ultimi trent’anni, da quando cioè sono disponibili i primi dati, gli esperti hanno osservato un aumento della temperatura tre volte più di quello degli oceani (0,34 °C per decennio contro 0,12 °C). Hanno anche notato che i laghi alle altitudini più alte si scaldano più velocemente: ad esempio il finlandese Lapparjarvi aumenta di 0,89°C per decade, il Mar Caspio dello 0,75, l’australiano Argyle dello 0,13. «Ma sono tante le variabili in gioco – dice Rigosi – Di certo c’è la tendenza comune a un progressivo surriscaldamento».
E così si torna al Garda. L’ultimo rimescolamento completo delle acque si è registrato nel 2006, dopo quello avvenuto tra il 1999 e il 2000. «Sono processi vitali per un lago che tuttavia rallentano con l’aumento delle temperature. Il che ha un impatto prima di tutto nella riossigenazione dell’organismo».
Dunque, qual è lo stato di salute? «Finora non ci sono cambiamenti visibili, ma solo proiezioni per il futuro che possono preoccupare», dice Salmaso. E Rigosi: «Uno degli elementi chiave da tenere sotto controllo è la produzione di alghe, che sono sintomo ed effetto insieme. In un ambiente così disequilibrato si possono riprodurre quantità di cianobatteri,con effetti estremamente nocivi per l’ambiente e per l’uomo».
Da questo punto di vista particolarmente forte può essere l’impatto degli scarichi civili. Fosforo e azoto sono gli alimenti principali per la produzione di alghe.
Ma su questo fronte, almeno, le notizie sembrano buone: «Quello che abbiamo osservato – spiega Nico Salmaso – è la costante diminuzione di questo tipo di apporti, il che significa un buon lavoro di infrastrutture».
Dunque che fare, dati alla mano? «Sulle scelte globali non possiamo intervenire granché. Ma un’indicazione strategica per la comunità locale possiamo darla: oggi il lago è considerato quasi unicamente per il risvolto turistico. Chiediamo invece di valutarlo come un alimento. La scarsità d’acqua dolce in prospettiva ci impone di preservare questi eco-sistemi d’acqua come fossero cibo. Se li considerassimo tali sarebbe una svolta».
Fabio Bozzato – Il Corriere del Veneto – 12 gennaio 2016