Renzi sfida Cgil, Cisl e Uil aprendo il confronto sulla legge sulla rappresentanza, il potenziamento della contrattazione di secondo livello e il salario minimo. Temi che dividono il fonte sindacale, considerando che la legge sulla rappresentanza è sollecitata da anni dalla Cgil e avversata da Cisl e Uil. Mentre la contrattazione aziendale è uno storico cavallo di battaglia della Cisl.
La convocazione alla sala verde di Palazzo Chigi – attesa per la prossima settimana – era chiesta da tempo dai sindacati che tuttavia sono piuttosto scettici sulla reale volontà del premier di avviare quel confronto che finora è mancato. Iniziamo dalla legge sulla rappresentanza fortemente auspicata dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Nonostante le differenze, su un fatto concordanoCgil, Cisl e Uil: il contenuto della legge deve essere il Testo unico sulla rappresentanza siglato con Confindustria il 10 gennaio. Nel calcolare la rappresentatività di ciascun sindacato in base al mix tra iscritti e voti ottenuti alle elezioni delle Rsu, il Testo unico individua la soglia minima del 5% necessaria per poter partecipare ai negoziati. Stabilisce anche il percorso di validazione dei contratti nazionali – devono essere firmati da sindacati che hanno il 50%+1 della rappresentanza, previa consultazione certificata dei lavoratori a maggioranza semplice – e sono esigibili per tutto il personale, vincolando le organizzazioni firmatarie dell’intesa. Danotare che il Testo unico è stato fortemente avversato dalla Fiom di Maurizio Landini che pure è un acceso sostenitore della legge sulla rappresentanza. La Cisl teme, invece, che il Parlamento possa mettere le mani su una materia che va lasciata alle parti sociali, con il rischio che ogni forza politica ci metta del suo e finisca per stravolgere l’impianto concordato da Confindustria e sindacati.
Questo tema è strettamente connesso al potenziamento della contrattazione decentrata, principio contenuto nell’accordo interconfederale tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil del 28 giugno 2011 (recepito poi nel Testo unico sulla rappresentanza): prevede la validità erga omnes dei contratti aziendali per le parti economiche e normative che vincolano tutte le associazioni sindacali firmatarie dell’accordooperanti all’interno dell’azienda, se approvati dalla maggioranza dei componenti delle Rsu, prevedendo clausole di tregua.
L’accordo del 28 giugno consente ai contratti aziendali di definire intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti nazionali. La Cisl da tempo sostiene la necessità di rafforzare il peso della contrattazione aziendale, aumentando la quota di salario legata all’andamento della produttività, attraverso lo strumento degli sgravi fiscali. Si tratta di capire se Renzi intenda spingersi più in là rafforzando il principio della derogabilità da parte della contrattazione decentrata, secondo il modello tedesco. APalazzo Chigi si ragiona anche, come suggerito dal documento di Confindustria dello scorso maggio, sulla possibilità di consentire alle imprese che hanno la contrattazione aziendale di negoziare solo incrementi retributivi effettivamente collegati ai risultati aziendali, senza riconoscere gli aumenti fissati dai contratti nazionali.
Quanto al salario minimo, la regolamentazione per legge è bocciata da Cgil, Cisl e Uil che difendono lo strumento della contrattazione. «La tutela del reddito è affidata a 400 contratti collettivi nazionali – ricordano in Cisl – che coprono oltre il 90% del lavoro subordinato». Cisl e Uil aprono ad eventuali sperimentazioni per il lavoro autonomo e parasubordinato – laddove è più difficile fare la contrattazione, specie nelle aziende in cui manca il sindacato – del salario medio contrattuale, purché sia stabilito dalle parti sociali e non dalla legge. Anche perché, fanno notare dalla Cgil, «il salario minimo sganciato dalla contrattazione rischia di essere più basso, come insegnano le esperienze degli altri Paesi». Non si conosce quale sia l’idea di Renzi sul tema.
Nella delega al Jobs act, l’emendamento voluto dal governo fa riferimento al compenso orario minimo, da applicare al lavoro subordinato e alle collaborazioni coordinate e continuative in settori non regolati dai contratti sottoscritti dalle parti sociali più rappresentative. Anche in questo caso è necessario prima consultare sindacati e imprese più rappresentative.
Il Sole 24 Ore – 3 ottobre 2014