La Corte di cassazione con la sentenza n. 2055, depositata il 3 febbraio 2016, dopo un interessante approfondimento sulla normativa di riferimento contenuta nel Dlgs 30 dicembre 1992 n. 502 (Riordino della disciplina in materia tributaria) ha affermato che, in relazione alla risoluzione del contratto di lavoro tra un direttore generale di una azienda sanitaria e la Regione che lo ha nominato, la giurisdizione a decidere è di competenza del giudice ordinario.
Il contenzioso
Un direttore generale di una azienda sanitaria, con un contratto di durata triennale stipulato con la Regione, era stato sospeso dalla stessa Regione dalle sue funzioni, con nomina contestuale di un commissario ad acta, a seguito della verifica di un grave disavanzo finanziario, di oltre 4,5 milioni di euro, dell’azienda sanitaria che amministrava. La Regione, in seguito, con propria delibera lo aveva dichiarato decaduto dall’incarico di direttore generale.
L’ex direttore aveva impugnato l’atto dinnanzi al tribunale, con il quale deduceva l’illegittimità della delibera della Regione e per l’effetto chiedeva la condanna della Regione stessa, al risarcimento dei danni patrimoniali patiti, nella misura corrispondente ai compensi non percepiti, fino alla data di scadenza contrattuale pattuita, oltre che dei danni non patrimoniali da liquidare in misura equitativa.
Il Tribunale accoglieva solo in parte l’impugnativa condannando la Regione al pagamento della somma complessiva di euro 270.000, oltre accessori, a titolo di risarcimento del solo danno patrimoniale, importo corrispondente ai compensi spettanti all’ex direttore, fino alla scadenza del contratto.
La Corte d’appello rigettava l’appello principale proposto dalla Regione e dichiarava improcedibile l’appello incidentale proposto dall’ex direttore, finalizzato ad ottenere la condanna della Regione al risarcimento del danno non patrimoniale.
I giudici di secondo grado , nel merito, quanto al ricorso principale, premettevano, da un lato, che il rapporto intercorrente fra direttore generale e azienda sanitaria aveva natura di rapporto di lavoro autonomo, disciplinato dagli articoli 2222 e seguenti del codice civile, e, dall’altro, che la situazione di grave disavanzo, prevista dall’articolo 3-bis del Dlgs n. 502 del 1992 quale presupposto per la declaratoria della decadenza dei direttore generale, doveva essere la conseguenza di atti imputabili al direttore generale e non già conseguenza di accadimenti esterni; pertanto, ad avviso della Corte territoriale, la suddetta decadenza doveva essere inquadrata nell’ambito della risoluzione contrattuale per inadempimento. La Regione ha impugnato il provvedimento davanti ai giudici della Corte di Cassazione.
L’analisi della Cassazione
Il ricorso della Regione è molto articolato e si basa su diversi punti. Con riferimento alla questione sollevata della competenza a decidere sulla questione oggetto del contenzioso tra Regione e l’ex direttore generale dell’azienda Usl, i giudici di legittimità osservano che sussiste la giurisdizione dei giudice ordinario riguardo all’impugnazione proposta dall’ex direttore generale di una azienda sanitaria locale, in relazione alla risoluzione del contratto di lavoro per gravi motivi o quando la gestione aziendale presenti una situazione di grave disavanzo ovvero per violazione di legge o dei principi di buon andamento o di imparzialità, di cui all’articolo 3-bis, comma 7, del Dlgs 30 dicembre 1992 n. 502; per la Corte di cassazione tale competenza è dovuta al fatto che la risoluzione è equiparabile a quella per inadempimento e coinvolge situazioni di diritto soggettivo tutelabili dinanzi al giudice ordinario.
Nella specie, la Cassazione nell’affermare la giurisdizione dei giudice ordinario, ha rilevato che il petitum sostanziale riguardava la legittimità del provvedimento di decadenza dall’incarico deliberato dalla giunta regionale.
La Corte di cassazione conclude affermando che in base, pertanto, al criterio generale di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo sussiste la competenza del primo atteso che si controverte in materia di diritti soggettivi e non in materia di esercizio di poteri attribuiti all’amministrazione, dovendosi escludere la ricorrenza, nel caso in esame, di una ipotesi di giurisdizione esclusiva amministrativa.
Il Sole 24 Ore sanità – 8 febbraio 2016