di Davide Colombo. Il Def e il programma nazionale di riforma confermano che le pensioni sono fuori dall’agenda di breve termine del Governo Renzi. La spending review non toccherà i trattamenti previdenziali, si legge in più passaggi dei documenti di finanza pubblica approvati qualche giorno fa. In quei testi si torna invece ad offrire una vision di lungo periodo su un aggregato di spesa previsto in diminuzione grazie agli effetti della riforma Fornero (legge 214/2011), fino a raggiungere il 15,3% del Pil negli anni tra il 2015 e il 2030.
Un risultato importante. Che verrebbe centrato nonostante il picco del 16,4% indicato nel 2015, eredità della lunga recessione che s’è fermata nel 2013. Dunque la spesa pensionistica è sotto controllo, nonostante l’economia vulnerabile e una demografia avversa che, è fatto noto ma è bene ricordarlo, farà risalire la curva sopra il 16% del Pil verso il 2045, quando si sentirà l’effetto del ritiro dei baby boomers. L’insieme delle riforma previdenziali adottate dal 2004 in avanti garantisce risparmi cumulati pari a 60 punti percentuali di Pil fino al 2050. E questi risparmi dipendono per circa un terzo proprio dalla riforma Fornero. Il dato comprende anche la spesa preventivata da qui al 2017-2018 delle cinque operazioni di salvaguardia in corso, per una platea di 162.130 lavoratori esodati: misure che implicano minori risparmi per circa 10 miliardi nel periodo.
Sulla spesa previdenziale, che resta tra le più elevate dell’Eurozona, pesano però almeno due incognite: la prima riguarda gli esodati, la seconda i pre-pensionamenti nella Pa. Qualche giorno fa la capigruppo di Montecitorio ha preso atto che il disegno di legge che prevede una ulteriore operazione di salvaguardia per lavoratori rimasti senza impiego non potrà arrivare in aula entro aprile. Bisogna dar la precedenza al Dl lavoro e al decreto sulla droga. Ma la presidente Laura Boldrini ha assicurato che «vista la rilevanza del tema» il testo verrà calendarizzato il più presto possibile. Si tratta di una proposta di legge che raccoglie diversi testi presentati da tutte le parti politiche e che, di fatto, consente il pensionamento con i requisiti pre-Fornero ai lavoratori rimasti senza impiego che li maturano entro il 2018. Spesa prevista tra i 20 e i 40 miliardi, secondo la Ragioneria. Per contenere l’impatto il ministro Giuliano Poletti sta cercando una soluzione alternativa, che riparte dall’idea del “prestito pensionistico” cui aveva lavorato Enrico Giovannini. Un progetto che, tuttavia, il ministro Maria Anna Madia vorrebbe tener separato dal piano di pre-pensionamenti di dipendenti pubblici da associare all’annunciata “staffetta generazionale”. Su questo secondo fronte, al momento, non sono stati indicati numeri chiari e tanto meno ipotetici flussi di spesa. Ma è chiaro che un impatto sui conti Inps, e dunque sulla spesa pensionistica, ci sarà.
Il Sole 24 Ore – 12 aprile 2014