Tagli alla spesa, il Governo prende tempo. Dipendenti pubblici in pensione anticipata ma senza liquidazione
Revisione della spesa, soprattutto in prospettiva futura, ma anche tagli lineari vecchia maniera per assicurare già da quest’anno un’adeguata riduzione delle uscite. Il decreto legge che il governo approverà tra la fine di questa settimana e l’inizio della successiva, è di fatto una nuova corposa manovra finanziaria pluriennale, che ha l’effetto di cancellare l’aumento dell’Iva in programma per ottobre e di limitare a un punto (invece che due) il ritocco che partirebbe dal prossimo gennaio; anche questo scatto potrà essere azzerato se daranno buoni risultati le misure di spending review e la razionalizzazione delle agevolazioni fiscali. Il testo è ancora oggetto di aggiustamenti: ieri fonti di governo hanno fatto sapere che non c’è particolare fretta per l’approvazione.
Nella versione fin qui messa a punto affronta tutti i grandi capitoli di spesa, con l’eccezione della previdenza e in parte della scuola.
Sono toccati il pubblico impiego, che subirà una riduzione degli organici del 10 per cento attenuata dalla possibilità di accedere anticipatamente alla pensione; gli acquisti di beni e servizi che dovranno passare obbligatoriamente per il mercato elettronico gestito dalla Consip, anche con effetto retroattivo rispetto ai contratti già conclusi; la sanità con una stretta sulla spesa farmaceutica oltre che sulle forniture; gli immobili pubblici con ulteriori misure di razionalizzazione e il congelamento dei canoni di affitto; società ed enti pubblici per i quali è prevista la soppressione o il ridimensionamento dei vertici; gli enti locali sottoposti ad una ulteriore stretta sui trasferimenti, che si accompagna al ridisegno delle Province ed all’istituzione delle aree metropolitane.
Ma i tagli riguardano anche i sindacati, che dovranno rinunciare al 10 per cento di permessi e distacchi, i patronati, con una contrazione dei fondi del 10 per cento, e i Caf, che dovranno accettare la riduzione di un euro del compenso per ciascuna dichiarazione. Nel provvedimento sono poi state inserite anche misure che dovrebbero andare incontro ai cittadini: un possibile ulteriore taglio di quattro punti dell’aggio sulla riscossione, un intervento sulle commissioni bancarie ancora da precisare e un blocco delle tariffe (dovrebbero essere escluse quelle energetiche) che fino alla fine del 2013 non saranno adeguate all’inflazione.
Certamente gli interventi sui dipendenti pubblici – di cui si parlerà nell’incontro con le parti sociali – sono potenzialmente tra i più delicati: il leader della Cisl Bonanni ed anche la Cgil si sono detti pronti alla mobilitazione. La portata esatta del taglio del 10 per cento degli organici di ministeri e amministrazioni centrali (20 per cento per i dirigenti) dipenderà comunque anche dalla concreta applicazione. Teoricamente i lavoratori in esubero dovrebbero essere avviati alla mobilità (due anni all’80 per cento dello stipendio) con il rischio di ritrovarsi senza lavoro in caso di mancato ricollocamento.
Sono previste però alcune procedure che dovrebbero attenuare l’impatto. La più importante è la possibilità di accesso alla pensione con le regole più favorevoli precedenti alla riforma Fornero, per coloro che maturano i precedenti requisiti entro il 2014. Si tratterebbe dunque di un anticipo di alcuni anni, compensato però (dal punto di vista dello Stato) dal rinvio della liquidazione, che verrebbe percepita solo al conseguimento del diritto alla pensione con le regole attuali.
Il Messaggero – 1 luglio 2012
Il premier martedì incontrerà parti sociali ed enti locali
Calma e gesso, non c’è fretta. È vero che Monti è tornato da Bruxelles più forte sull’onda di un successo fortemente voluto. E che i partiti della «strana maggioranza» dovranno essere più malleabili con il governo che sta mettendo a punto la spending review. Ma il premier non ha davanti la strada spianata: la mannaia del taglio delle spese pubblica, che in un primo momento doveva arrivare sul tavolo dell’esecutivo nelle prossime ore, slitta a fine settimana o, addirittura, la prossima settimana. A Palazzo Chigi spiegano che «non c’è nessuna urgenza» e che il provvedimento può essere ulteriormente approfondito e studiato, sia dal premier che dai ministri coinvolti. Il presidente del Consiglio è determinato ad andare avanti con i tagli, ma non si tratta di un intervento semplice. Ad essere colpiti sono ministeri, Regioni, province, enti locali, settori come la sanità con tutto quello che ne consegue sulla tenuta dei partiti che dovranno rendere conto ai loro riferimenti politici nel territorio.
Non a caso i governatori sono sul piede di guerra. Ieri, nel corso degli stati generali delle Regioni del Mezzogiorno che si è svolto a Catanzaro, cinque presidenti regionali hanno rivolto un appello al sottosegretario Catricalà un appello affinchè nella spending review si tenga conto dei grandi sacrifici già fatti negli ultimi anni. «Non bisogna colpire la nostra capacità di investire sulle nuove generazioni», hanno detto all’unisono Caldoro, Chiodi, Scopelliti, Iorio e Chiodi. Per il governo non si tratta di tagliare i servizi, ma di colpire gli sprechi. E se poi si vuole evitare di aumentare l’Iva e trovare i soldi per gli esodati non c’è altra strada. A parte il fatto che bisogna aggredire l’enorme debito pubblico.
Comunque non c’è fretta, ma certe scelte dolorose sono inevitabili. «Fretta e urgenza – spiegano fonti del governo – che poteva esserci in caso di mancato accordo a Bruxelles, mentre ora possiamo studiare meglio e con più calma i tagli». Così Monti oggi, invece di convocare il Consiglio dei ministri, può andare a Kiev per seguire la finale degli Europei ItaliaSpagna. Ha qualche giorno in più per mettere a punto il provvedimento. Martedì incontrerà le parti sociali e gli enti locali, ma ha uno scoglio in casa: dovrà superare la resistenza dei ministeri che saranno sforbiciati, dalla Difesa agli Esteri alla Sanità.
I partiti attendono con ansia le decisioni del governo. Bersani dice no a tagli indiscriminati e teme che di fatto si faccia una nuova finanziaria. Il responsabile Lavoro del Pd Damiano invita Monti a «non usare l’accetta sui pubblici dipendenti e la sanità come è stato fatto con riforma delle pensioni». Nel Pdl Russa ricorda che sono stati «ingoiati» provvedimenti che non piacevano in attesa di risultati: «Adesso non voteremo più misure che secondo noi non servono all’Italia.». Ma nel partito di Alfano le posizioni non collimano se il vicecapogruppo Osvaldo Napoli sostiene che tagliare solo 4,2 miliardi per il 2012 è poco. «Mi aspetto che il governo sappia tagliare per una cifra ben superiore e rendere strutturali e permanenti quei tagli di spesa al punto da prevedere non il mancato aumento dell’Iva ma una sua riduzione».
Sulla spending review è intervenuto anche il presidente della Camera Fini per il quale «piuttosto che sui ministeri è meglio concentrarsi sulle spese delle regioni e della sanità. Perché non pensare alla riduzione drastica delle regioni, dando vita a delle macro regioni, con la definizione di parametri tra dipendenti e abitanti e tra dirigenti e dipendenti?».
La Stampa – 1 luglio 2012