È in arrivo uno sconto Irap sui contratti a tempo indeterminato. L’ipotesi allo studio del governo prevede un intervento “selettivo” a vantaggio delle imprese per abbattere il peso della componente lavoro dall’imposta regionale sulle attività produttive.
Nell’operazione di taglio del costo del lavoro si conferma inoltre il bonus mensile di 80 euro percepito dai lavoratori dipendenti con redditi tra gli 8mila e 26mila euro che il premier Matteo Renzi vuole rendere strutturale, così come la riduzione del 10% dell’Irap.
Ancora deve essere stabilito il valore dello sgravio selettivo sull’Irap – i tecnici stanno preparando le simulazioni per valutare i costi – che risponde ad un’esigenza più volte sottolineata da Renzi: il contratto a tempo indeterminato deve diventare più conveniente, deve costare di meno alle imprese. Così dopo aver liberalizzato con il Dl Poletti le assunzioni con i contratti a tempo determinato – allungando fino a 36 mesi la possibilità di assumere senza indicare le causali – il governo con la Legge di stabilità rivolge l’attenzione ai contratti a tempo indeterminato per premiare gli imprenditori che hanno alle dipendenze lavoratori stabilizzati. Due le possibili strade: una è rendere totalmente irrilevante ai fini Irap il costo del lavoro per i lavoratori già assunti, operazione chiesta da tempo dalle imprese, ma dai costi rilevanti: la componente Irap sul lavoro si stima abbia un peso di circa 10 miliardi che, tolta la quota deducibile dalle imposte dirette, comporta un aggravio effettivo per le imprese tra i 6 e i 7 miliardi di euro. Oppure il governo potrebbe agire sulle attuali deduzioni riconosciute per ogni singolo assunto stabilizzato. Dal 1? gennaio scorso la deduzione è pari a 7.500 euro e raggiunge 15mila euro per i dipendenti di imprese che operano nel Sud. Questi due valori potranno essere ricalibrati in funzione delle risorse rese disponibili con la spending review. Non è del tutto esclusa una terza via: quella di rimodulare le deduzioni per i soli neo-assunti a tempo indeterminato. Resta, tuttavia, ancora in piedi l’ipotesi alternativa al taglio selettivo dell’Irap per ridurre il costo del lavoro, ossia un intervento per abbattere i contributi sociali che gravano sull’impresa.
Una riduzione del differenziale del costo del lavoro per allinearlo con la media europea è sollecitata da Confindustria: «Bisogna restituire fiducia al mercato – sostiene il presidente della Piccola industria di Confindustria, Alberto Baban – e recuperare una situazione complessa. Il taglio del cuneo e della tassazione restituirebbe l’idea che possiamo ricominciare. Noi siamo fiduciosi ma serve una normalizzazione a livello europeo del costo del lavoro». Per la riduzione del costo del lavoro, il viceministro dell’Economia Enrico Morando propone un «intervento selettivo, compatibile con il principio contenuto nella delega fiscale», senza dover passare per il Parlamento: «Si potrebbe distinguere la componente di reddito che serve per il sostentamento dell’imprenditore, artigiano o commerciante – spiega Morando – assoggettando la quota restante più strettamente legata al fattore della produzione d’impresa ad un trattamento fiscale più favorevole, come una cedolare secca».
Quanto al bonus di 80 euro, la priorità è renderlo strutturale per gli attuali beneficiari, anche se Renzi ancora non ha rinunciato a cercare le risorse per estendere la platea, includendo pensionati e partite Iva, o alzando la soglia di reddito per comprendere le famiglie con figli. Ma l’ampliamento della platea si scontra con un grosso problema di coperture: «Con gli altri Paesi europei c’è anche uno spread di 33 miliardi di euro di pressione fiscale sul lavoro che noi vogliamo eliminare – commenta il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei –. Con la manovra sugli 80 euro l’abbiamo tagliato di 10 miliardi, ora siamo determinati a tagliare anche il resto, dobbiamo valutare in che tempi possiamo farlo».
Il Sole 24 Ore – 11 settembre 2014