Nell’uovo di Pasqua il governatore Luca Zaia si aspetta di trovare la convocazione a Roma per l’apertura del negoziato sull’autonomia. In attesa della trattativa politico-istituzionale, la Regione continua il duello giudiziario con lo Stato a difesa delle proprie prerogative finanziarie ed organizzative, ritenendole lese questa volta dal decreto Irpef che nel 2014 introdusse il bonus di 80 euro in busta paga, comportando però delle corrispondenti decurtazioni della spesa pubblica.
Il bilancio dell’ennesima contesa davanti alla Consulta è di una vittoria (ma parziale) e di una sconfitta (più netta) per il Veneto, che comunque esulta per il riconoscimento delle argomentazioni degli enti virtuosi.
Il commento di Zaia è infatti improntato all’entusiasmo: «Le buone ragioni del Veneto continuano a trovare attenzione e seguito nell’attività della Corte Costituzionale, a dimostrazione che non vi ricorriamo per partito preso o per motivazioni politiche, ma quando siamo convinti che qualcosa non funzioni nella legislazione nazionale, come nel caso dei tagli alla sanità». In realtà a leggere per intero queste due ultime sentenze, relative a ricorsi presentati fra il 2014 e il 2015, si capisce che i giudici hanno accolto solo in piccola parte le richieste avanzate da Venezia, peraltro ribadendo quanto già affermato due anni fa in una vicenda riguardante la Lombardia. Ad ogni modo resta il fatto che il Veneto segna un punto a proprio favore, limitando la portata della scure calata dal governo.
Si tratta del provvedimento con cui le Regioni erano state obbligate a ridurre del 15% i canoni di locazione degli immobili destinati all’uso istituzionale, una norma destinata ad incidere automaticamente sui contratti in corso, senza alcun riferimento ai livelli standard di spesa o ai prezzi di riferimento. Gli avvocati Luca Antonini e Luigi Manzi avevano così stigmatizzato l’ennesimo esempio di taglio lineare, operato «prescindendo dalla considerazione dello sforzo fatto dalle Regioni virtuose» (per inciso Zaia fa sapere che per gli affitti regionali il Veneto spende 406.804,37 euro, mentre la Campania ne sborsa 2.957.245,28). La Consulta non ha accolto questa osservazione, affermando che alle Regioni era stata data la possibilità di «modulare discrezionalmente la riduzione della spesa», scegliendo di adottare altre misure di risparmio. Tuttavia Palazzo Balbi è riuscito a ridimensionare gli effetti della mannaia. La Corte ha infatti ricordato che «le disposizioni restrittive della spesa regionale devono operare per un periodo di tempo definito, in quanto necessarie a fronteggiare una situazione contingente», motivo per cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge nella parte in cui non prevede che i tagli valgono «sino all’anno 2016»: fra nove mesi, perciò, addio.
Il secondo pronunciamento riguardava invece la diminuzione della spesa per le Regioni di 500 milioni per il 2014 e di 750 milioni all’anno fra il 2015 e il 2017, da attuare in base a Pil e popolazione. I giudici costituzionali hanno respinto tutte le richieste del Veneto, ma hanno riconosciuto che c’è un limite sotto il quale la spesa «non sarebbe ulteriormente comprimibile». Secondo Zaia questo passaggio non può essere trascurato: «Si tratta di una affermazione che il governo dovrà considerare con molta attenzione nei suoi futuri provvedimenti».
Il Corriere del Veneto – 26 marzo 2016