Tagli, statali nel mirino. Spunta il blocco delle tariffe
ROMA – Ministri al lavoro fino a tardi, ieri sera, per definire il pacchetto di revisione della spesa da sottoporre oggi alle parti sociali ed alle autonomie locali. Su entrambi i fronti la situazione è tesa. Ma anche i vari responsabili dei dicasteri sono in allerta, per difendere i propri bilanci dai tagli. E c’è agitazione anche per un’altra novità apparsa nel testo: un blocco generalizzato delle tariffe. Riguarderebbe luce, gas, acqua, autostrade, trasporti per i prossimi 18 mesi e cioè fino al 31 dicembre del 2013.
L’ipotesi, che avrebbe impegnato i ministri in discussioni piuttosto accese e che vede il ministero dello Sviluppo contrario, prevede che venga sospesa «l’efficacia delle norme statali che obbligano o autorizzano organi dello Stato o Autorità» ad adeguare le tariffe all’inflazione o ad altri meccanismi automatici. Nel caso della luce e del gas, mercati completamente liberalizzati, le uniche tariffe (gli altri sono prezzi non più amministrati) riguardano il trasporto e la distribuzione solo in parte agganciate all’inflazione con un meccanismo di price cap che riconosce l’adeguamento al carovita ma impone anche dei recuperi di efficienza. Diverso il caso delle Ferrovie (per i treni regionali) e quello delle autostrade dove a decidere sono regioni e ministero competente. Ancora diverso è il caso dell’acqua dove un nuovo regolamento è in corso di definizione da parte dell’Autorità per l’Energia.
Non è la prima volta che si tenta un meccanismo di blocco tariffario. Il rischio, in questi casi, è di scaricare semplicemente in un tempo successivo gli eventuali aumenti oltre all’effetto-boomergang rappresentato dall’impossibilità di assecondare il loro ribasso se il ciclo (come nel caso del petrolio) inverte la rotta. Infine, tornare ad un dirigismo tariffario finirebbe per esautorare le Autorità indipendenti come quella per l’Energia. Da qui le perplessità dello Sviluppo e di altri ministri.
Allo stato, la bozza di decreto, tutt’altro che definitiva, ha molte caratteristiche delle manovre vecchio stile: accanto al tentativo di definire nuovi meccanismi strutturali in settori come gli acquisti o gli immobili pubblici, e di ridisegnare la presenza dello Stato sul territorio, sono presenti anche riduzioni lineari o tetti di spesa per le autonomie locali e la sanità. E ci sono anche gli interventi sul pubblico impiego, la cui portata dipenderà però in modo decisivo dalla loro eventuale applicazione: la riduzione teorica degli organici può avere un effetto più o meno pesante a seconda delle modalità di applicazione. Nelle ultime ore si è aggiunta anche l’ipotesi di un pagamento dilazionato delle tredicesime.
In questo contesto, il premier Monti difende la linea del rigore e lo fa ricorrendo alla storia recente del nostro Paese. «Se per decenni – argomenta – si indulge ad assecondare un superficiale “tiriamo a campare” e a iniettare nella mente dei cittadini la sensazione che un Paese con mille risorse, compreso l’estro, possa non affrontare i seri problemi che altre nazioni hanno preso di petto, forse deve venire il momento in cui si affrontano i problemi». Altrimenti, se non prevalgono «gli interessi di lungo periodo», per il presidente del Consiglio c’è il rischio che i cittadini diventino «scettici sulla democrazia».
Il richiamo vale certo nei confronti degli interlocutori del governo, ma ha anche un’applicazione all’interno dello stesso esecutivo. I vari dicasteri erano stati invitati a presentare proprie proposte di risparmi. Il ministero dell’Economia spinge, ma per gli interessati non è facile intervenire sui propri bilanci, già oggetto dell’attenzione di precedenti manovre. Infine non c’è accordo anche sul nodo della riduzione degli uffici giudiziari: tema già dibattuto da settimane, che ora potrebbe confluire nel pacchetto della spending review.
Il Messaggero – 3 luglio 2012