Palazzo Balbi blocca i rimborsi degli amministratori e dei revisori dei conti degli enti, delle società e delle agenzie della Regione, rimborsi finora riconosciuti per coprire le spese relative al tragitto casa-lavoro e, più in generale, «allo svolgimento dell’attività istituzionale». Stiamo parlando di una voce che tra indennità fissa e ristoro chilometrico poteva arrivare a superare i duemila euro al mese. Esentasse.
La delibera, a firma dell’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti, è stata approvata ieri e punta a mettere un po’ d’ordine nel dedalo di leggi che regolamentano i compensi degli amministratori della variegata galassia delle partecipate regionali, Usl escluse. Si va dalle Ater a Veneto Agricoltura, da Veneto Lavoro ai Parchi, dagli Esu all’Arpav e via di questo passo. Ebbene, in virtù della legge 37 del 1997 a tutti i componenti degli organi di questi enti strumentali «che si rechino nella sede dell’ente per lo svolgimento della propria attività istituzionale» erano rimborsate le spese di trasporto secondo i criteri un tempo stabiliti per i consiglieri regionali, il che significa rimborso chilometrico andata/ritorno da casa al lavoro secondo il tabellario Aci (diciamo, indicativamente, tra 0,4 cent e 0,6 cent al chilometro a seconda dell’auto) più l’abbonamento autostradale su tutta la rete della Regione più il parcheggio a Venezia, in garage. Di più: ai presidenti «che abbiano una competenza territoriale sovraprovinciale o, in caso di enti economici, provinciale, è (rectius: era) riconosciuta una diaria pari al 50% di quella del consigliere regionale» che, a sua volta, ammontava al 65% di quella dei parlamentari. Fatti due conti si trattava grosso modo di altri 1.200 euro netti al mese.
«Abbiamo deciso di applicare un taglio totale delle indennità di trasporto dei vertici aziendali e societari – ha spiegato il governatore Luca Zaia – anche in considerazione del fatto che un’analoga riduzione è stata applicata dal primo gennaio a tutti i consiglieri regionali». Due precisazioni, però, sono d’obbligo: da un lato va ricordato che i consiglieri hanno sì eliminato i rimborsi chilometrici ma per poi sostituirli, insieme ad altre indennità, con una diaria omnibus di 4.500 euro al mese (il «rimborso per l’esercizio del mandato»); dall’altro va precisato che i manager regionali avranno comunque la possibilità di vedersi riconosciute le spese sostenute «nell’adempimento del dovere», e comunque saranno rispettati tutti i contratti di matrice privatistica (come ad esempio quello di Avepa). Quanto al rischio che di spending review in spending review le amministrazioni pubbliche possano finire per non trovare più personale adeguato alle posizioni dirigenziali (oggi l’ammontare complessivo delle indennità nelle 12 società partecipate, in cui si contano 30 poltrone, è di mezzo milione all’anno), Zaia ammette: «Si deve individuare un punto di equilibrio perché a fronte di alcuni stipendi, francamente imbarazzanti, ce ne sono altri che finiscono per convincere la gente a fare dell’altro, un po’ come sta accadendo per i sindaci che difatti non si ricandidano più. Si dovrebbe monitorare il mercato del management e operare delle scelte davvero meritocratiche, commisurando le indennità all’andamento dell’ente». Il borsino, nella galassia del Balbi, per dire, ondeggia parecchio: si va dagli 11 mila euro dei presidenti degli Esu ai 150 mila euro del direttore di Avepa, passando per i 40 mila dei presidenti delle Ater di Padova e Venezia.
Sempre nella giunta di ieri è stato deliberato anche il ricorso al Tar contro la delibera della Sezione di controllo della Corte dei conti che ha chiesto ai gruppi la restituzione di 740 mila euro per l’irregolare rendicontazione delle spese 2014. Si tratta di un ricorso ad adiuvandum, e cioè a sostegno di quelli già annunciati dai gruppi stessi e dall’Ufficio di presidenza dell’assemblea: «Al nostro consiglio non sono mai stati contestati acquisti strani, com’è invece accaduto altrove – commenta Zaia – ma siccome mancava il Veneto, i magistrati hanno pensato bene di avviare un’indagine anche qui. Io non ce l’ho con i magistrati, loro applicano le norme e forse il problema sta in queste ultime, che consentono ai giudici di sindacare fin nel merito o tacciano come irregolari spese che fino alla mezzanotte erano invece accettate. D’altra parte si sa, siamo preda di un’onda demagogica e populista, il popolo vuole le inchieste… ma se il legislatore è convinto che non si debba più muovere un dito, lo dica chiaro e tondo». Ad occuparsi del ricorso sarà l’avvocatura regionale. Visto che «il popolo vuole le inchieste», infatti, meglio evitare di rivolgersi a studi esterni, come ha fatto il consiglio. Finendo, pure per quello, stangato dalla Corte dei conti.
Marco Bonet – corriere del veneto – 30 aprile 2014