Sono molte le sfide che aspettano la sanità veneta a partire dal 2013. E sono racchiuse nel nuovo piano sanitario approvato a giugno ma non ancora operativo nonostante i correttivi
Sono molte le sfide che aspettano la sanità veneta a partire dal 2013. E sono racchiuse nel nuovo piano sociosanitario, approvato dal consiglio regionale lo scorso giugno ma un mese dopo impugnato dal governo davanti alla Corte costituzionale per due passaggi chiave: la nomina del direttore generale alla Sanità tolta alla giunta e consegnata all’assemblea di Palazzo Ferro Fini e il parere non più solo obbligatorio ma anche vincolante della V commissione sulle schede ospedaliere. Passi falsi ai quali lo stesso consiglio ha da poco messo una pezza — con due emendamenti che riportano alla situazione di partenza —, sperando così di veder cadere l’impugnativa. Ma ancora non è accaduto, col risultato che la riforma di settore non può partire. Resta dunque congelata la riorganizzazione della rete ospedaliera in centri «hub» (quelli capoluogo a vocazione provinciale e con bacino di un milione di abitanti, oltre alle Aziende ospedaliere di Padova e Verona, riferimento regionale per alcune funzioni come ustioni, trapianti, emergenza neonatale, chirurgia oncologica) e «spoke» (bacino di 200 mila utenti, specialità di base e media complessità). Poi ci sono i nodi della rete integrativi, anche monospecialistici.
In stand by pure le schede ospedaliere, che ridisegnano numero di letti, reparti, strutture, con relativi tagli e riconversioni. La bozza di programmazione da qui al 2015 elaborata dai tecnici fissa un doppio obiettivo: il calo da 19.010 letti a 17 mila, con un taglio di 2010 (1701 per acuti e 309 di riabilitazione, dirottati sul territorio), in realtà già avvenuto per metà, e la riduzione dei primariati da 863 a 706. Il che significa non riconfermarne 157: a perderne di più sono Verona (-39), Venezia (-33) e Padova (-30). Quanto ai letti, il sacrificio superiore tocca ancora a Verona (-485) e Padova (-424), insieme a Rovigo (-269), province che il piano sociosanitario indica infatti come quelle «con il maggior rapporto posti letto-abitanti». La scure, per tutti gli ospedali veneti, si abbatte in modo particolare sulle chirurgie, che perdono 927 posti, perchè ormai i progressi della medicina consentono di eseguire diversi interventi in regime di Day-Surgery o ambulatoriale. Di conseguenza, ma anche in virtù della nascita di reti specializzate con dotazione propria come le «Stroke Unit» per l’ictus, spariscono 68 letti di terapia intensiva. L’area medica deve invece rinunciare a 478 posti: i degenti sono per la maggioranza anziani, destinati all’assistenza territoriale, a domicilio o in poli di riabilitazione. Altri 221 letti li perde l’area materno-infantile e 7 i Servizi di diagnosi e cura.
Il tutto in ottemperanza al Patto per la Salute sottoscritto da Stato e Regioni, che prevede ogni mille abitanti 3 letti per acuti, 0,5 di riabilitazione e 1,2 di strutture intermedie, dedicate cioè ai pazienti dimessi perchè non più in fase acuta ma non ancora in grado di tornare a casa. L’intento è di riservare all’ospedale il 44% delle risorse, il 51% al territorio e il 5% alla prevenzione. Il primo passo è stato fatto, con il tasso di ospedalizzazione sceso da 174 ricoveri per mille abitanti del 2006 a 154/148 per mille di oggi.
Nella sua agenda il governatore Luca Zaia ha sottolineato in rosso anche lo snellimento delle liste d’attesa, con un uso dei macchinari diagnostici prolungato alla notte e al fine settimana, il contenimento della spesa farmaceutica e la riorganizzazione dell’assistenza territoriale. Quest’ultima, realizzata attraverso le schede territoriali, prevede come punto focale la creazione degli ambulatori h24, tramite le associazioni dei medici di famiglia. Processo già avviato con un primo stanziamento regionale di 21 milioni di euro: oggi su 3800 dottori di base, solo 230 lavorano ancora in studi singoli.
COLETTO AI NUOVI DG, “AUGURI. SQUADRA COSTRUITA PER VINCERE. TRA LE PRIORITA’ RIGORE GESTIONALE, LISTE D’ATTESA, PSSR E INFORMATIZZAZIONE”
Quella che è nata è una squadra costruita per vincere lo scudetto. Auguro buon lavoro a tutti i nostri nuovi direttori generali; sappiano che avranno in me un interlocutore attento, sempre disponibile al dialogo e al lavoro di squadra. Il mio telefono ed il mio ufficio per loro sono sempre aperti”.
Sceglie una metafora calcistica l’assessore regionale alla sanità Luca Coletto per complimentarsi con i nuovi managers della sanità veneta nominati ieri dal presidente Luca Zaia.
Coletto traccia poi una sorta di “agenda di lavoro”, premettendo che “per la sanità saranno probabilmente i 3 anni più intensi da almeno un ventennio, da affrontare con la consapevolezza delle difficoltà, ma anche della nostra forza, che sta nella qualità dei servizi erogati, nelle grandi capacità del personale medico e infermieristico, nell’impegno, vincente, a mantenere i conti in linea di galleggiamento nonostante i tagli che stanno piovendo da Roma”.
Tra le priorità, Coletto indica “il rigore gestionale, oggi più che mai necessario per abbattere i costi ovunque possibile tranne che nei servizi al cittadino; il lavoro sulle liste d’attesa, che stanno migliorando ma devono farlo ancora di più e che sono la principale criticità segnalata dalla gente; l’applicazione del nuovo Piano sociosanitario con particolare attenzione al rafforzamento della medicina sul territorio ed alla sinergia con gli ospedali; il compimento del cammino di informatizzazione dell’intero sistema già in corso, che andrà interamente realizzato proprio nel corso del mandato dei nuovi direttori”.
“Quest’ultimo punto – aggiunge Coletto – lo considero particolarmente importante. Già oggi, con il progetto Escape, pressoché tutti i veneti possono scaricarsi sul pc di casa i propri referti, con un risparmio annuo di 70 milioni tra costi delle Ulss e spese sostenute dai cittadini per recarsi agli sportelli. Ma è avviata anche la realizzazione del fascicolo sanitario digitale, che semplificherà la vita dei medici, dei pazienti e, più in generale, renderà più semplice e meno costoso l’intero panorama dei rapporti tra il cittadino ed il sistema sanitario, producendo in più un risparmio annuo a regìme valutabile attorno ai 200 milioni di euro”.
Corriere del Veneto – 30 dicembre 2012