Taglio delle Usl nel contratto dei Dg. Obbligati a non avere contenziosi con enti regionali. Liste d’attesa causa di rimozione
Revisione del numero delle Usl (oggi sono 21, oltre alle Aziende ospedaliere di Padova e Verona e all’Istituto oncologico veneto, che però non si toccano) e rispetto delle liste d’attesa. Sono i due «pallini» del governatore Luca Zaia, che dopo aver ribadito più volte a voce l’importanza per la sanità veneta di tagliare questi due traguardi, li ha anche inseriti nel nuovo contratto dei direttori generali. Tra le «cause di risoluzione dell’incarico» figurano infatti «la ridefinizione degli ambiti territoriali che implichi la soppressione dell’azienda» e «il mancato rispetto della normativa nazionale e regionale, oltre alle direttive del direttore generale per la Sanità (Domenico Mantoan), relative alla gestione delle liste d’attesa finalizzate al miglioramento dei servizi verso il cittadino».
«Il progetto della riduzione delle Usl ormai è legge per il Veneto — commenta l’assessore alla Sanità, Luca Coletto — il piano sociosanitario prevede infatti che abbiano un bacino di riferimento tra 200 mila e 300 mila abitanti, al quale non tutte le aziende esistenti arrivano. Per cambiarne i confini ci vuole una legge regionale e il tempo c’è: mancano due anni alla fine della legislatura. Per iniziare a parlarne dobbiamo però aspettare che la Corte Costituzionale sblocchi il piano sociosanitario, impugnato dal governo per due passaggi corretti poi dal Consiglio regionale. Fino alla sentenza siamo fermi, anche con le schede ospedaliere, che nel frattempo stiamo rivedendo. Quanto alle liste d’attesa — continua Coletto — sarà verificato l’operato dei dg in base ad azienda e risorse. Il diktat inserito nel contratto vuole essere un richiamo alla responsabilità in tema di rispetto dei tempi previsti dalla Regione per rispondere al meglio alla richiesta di prestazioni dei cittadini. I manager delle Usl devono essere i primi attori di un costante monitoraggio dell’andamento di questo versante sensibile dell’assistenza».
Nel contratto triennale (peraltro appena impugnato dal governo, che non ammette una durata inferiore ai cinque anni), figurano altri «paletti» da non sottovalutare. Come l’obbligo «di non avere causa pendente con aziende del Sistema sanitario regionale, di non avere contenziosi relativi sia a incarichi conferiti che a rapporti di lavoro in corso o cessati con gli enti predetti e di non aver formalizzato richieste stragiudiziali verso gli stessi». Il dg deve «impegnarsi a rinunciare a qualsivoglia tipo di iniziativa e/o azione e/o atto giudiaziale o stragiudiziale entro e non oltre i 15 giorni dalla sottoscrizione del contratto». Qualcuno sussurra che questo provvedimento sia stato ispirato dai «malumori» diffusi tra i dg uscenti per la mancata erogazione del premio di produzione, che in effetti non arriva dal 2008, benchè il vecchio contratto lo prevedesse in una percentuale compresa tra lo zero e il 20%. Un’altra clausola significativa, che però cozza con la famosa «trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica» sempre sbandierata dalla Regione e sembra rispondere più a criteri di controllo dell’informazione, dice: «E’ preciso obbligo del direttore generale mantenere il segreto d’ufficio e non fornire informazioni o comunicazioni relative a provvedimenti e/o operazioni di qualsiasi natura o notizie delle quali sia venuto a conoscenza a motivo del suo ufficio».
Tra le cause di risoluzione dell’incarico sono inoltre confermati il mancato raggiungimento dell’equilibrio economico di bilancio in relazione alle risorse assegnate (di solito le Usl denunciano un passivo di circa 500 milioni all’anno, ma mai nessun manager è stato per questo cacciato) e il mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati. Il dg — stipendio di 123.608 euro lordi l’anno — è infatti sottoposto a valutazione annuale su livelli essenziali di assistenza, rispetto della programmazione regionale, qualità ed efficienza dell’organizzazione dei servizi sociosanitari sul territorio. A dare i voti la giunta, la V commissione e la Conferenza dei sindaci. E’ motivo di rimozione dall’incarico anche «il mancato adeguamento alle linee guida relative all’utilizzo dei mezzi aziendali o il mancato rispetto delle regole sui rimborsi spese».
Il dirigente può «saltare» insieme alla sua azienda
Tra le «cause di risoluzione dell’incarico» inserite nel contratto di direttore generale figurano «la ridefinizione degli ambiti territoriali che implichi la soppressione dell’azienda» e «il mancato rispetto della normativa nazionale e regionale, sulla gestione delle liste d’attesa»
Non sono ammesse cause pendenti nè altri contenziosi
Il manager non deve «avere causa pendente con aziende del Sistema sanitario regionale, contenziosi relativi sia a incarichi conferiti che a rapporti di lavoro in corso o cessati con gli enti predetti e non deve aver formalizzato richieste stragiudiziali verso gli stessi».
Dg tenuti al bilancio in ordine e sottoposti a verifica annuale
Tra le cause di risoluzione dell’incarico sono confermati il mancato raggiungimento dell’equilibrio economico di bilancio in relazione alle risorse assegnate e il mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati. Il dg è sottoposto a valutazione annuale
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 22 gennaio 2013