Non sarà semplice. Dopo la conferma ufficiale del premier sul pilastro del capitolo pubblico impiego nella spending review, che passerà per una riduzione del 20% negli organici dirigenziali e del 10% in quelli del personale, come accaduto con l’antipasto dedicato a Palazzo Chigi e ministero dell’Economia, l’unica certezza è questa.
Le prime cifre circolate parlano di almeno 30mila esuberi, a cui riservare se necessario una deroga dalle nuove regole previdenziali per accedere direttamente alla pensione, ma la strada per individuare i numeri ufficiali non sarà semplice. Lo confermano gli stessi esponenti del Governo, quando spiegano che la riduzione non potrà essere lineare ma dovrà tenere conto della situazione reale nei vari comparti.
Il ginepraio
Proprio qui sta il problema fondamentale. Concentrando l’esame sulle principali articolazioni nel mirino della spending review (Ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici, regioni ed enti locali) si scopre che in questi settori lavorano 18.330 dirigenti di prima e seconda fascia e 766mila dipendenti. Già a questo livello, però, si incontrano distanze siderali nell’organizzazione: nei ministeri, per esempio, ci sono 16,5 dirigenti ogni mille persone, mentre a Palazzo Chigi le stellette esplodono a quota 148 ogni mille. Nelle agenzie fiscali, lo stesso indicatore si attesta a 32,4 ogni mille, ma scorrendo l’ultima relazione sul pubblico impiego diffusa poche settimane fa dalla Corte dei conti si scopre che all’agenzia delle Entrate e dintorni i dirigenti sono diminuiti dell’8,9% in tre anni.
Il caos sul territorio
La nebbia diventa ancora più fitta quando si guarda nelle amministrazioni territoriali. Il comparto Regioni-enti locali conta 25,3 dirigenti ogni 10mila lavoratori, ma nel calderone ci sono grandi Regioni (con 60-70 dirigenti ogni mille dipendenti) e 5mila piccoli Comuni in cui nessun dirigente pubblico ha mai messo piede stabilmente. Senza contare il nodo, perennemente irrisolto, delle Regioni a Statuto speciale: in Lombardia, con 10 milioni di amministrati, i dirigenti sono 195 mentre in Sicilia, dove gli abitanti sono la metà, pochi giorni fa la sezione regionale di controllo della Corte dei conti è tornata a denunciare l’esercito di generali composto da 2.500 dirigenti, uno ogni 8 dipendenti.
La questione “organici”
In una situazione come questa, agire d’accetta in modo lineare è inutile prima ancora che impossibile. Per questa ragione il Governo ha sottolineato che prima occorre fare un censimento completo degli organici, e poi decidere come articolare la riduzione. Già, perché come accaduto all’Economia e a Palazzo Chigi con i decreti di due settimane fa, il taglio del 20% sui dirigenti e del 10% sul resto del personale si riferisce agli organici, non ai posti effettivi: con il risultato, dopo anni di blocco del turn over, di cancellare soprattutto posti già scoperti. Una soluzione semplice dal punto di vista operativo, ma poco produttiva sul piano dei risparmi reali.
Gli altri tentativi
Revisione degli organici e individuazione degli esuberi, del resto, era esattamente quello che tutte le Pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto fare nei primi sei mesi di quest’anno, come imposto (in teoria) dalla legge di stabilità votata a novembre come atto finale del Governo Berlusconi (legge 183/2011). La legge pensava anche a come trattare le eccedenze, introducendo un meccanismo (già provato in Grecia nel primo pacchetto di misure anti-crisi) con una mobilità di due anni all’80% dello stipendio prima dell’uscita definitiva dall’amministrazione. Lo stesso strumento che ora torna in auge con la spendig review: sempre che il secondo tentativo sia più fortunato del primo.
ilsole24ore.com – 4 luglio 2012