Il Parlamento di Strasburgo boccia la proposta di riforma della Commissione del settore sementiero, che ora passerà all’esame del Consiglio dei ministri. In pratica, rimandando il tutto a settembre, dopo le elezioni europee e con un nuovo Esecutivo a Bruxelles. Ma i produttori italiani – 300 aziende per un giro d’affari di 630 milioni – fanno quadrato e chiedono una revisione più attenta dell’attuale normativa.
Lo stop decretato l’11 marzo dall’Aula del Parlamento – con 650 voti contrari e solo 15 a favore – è stato definito un «gesto politico forte e trasversale». Gli eurodeputati hanno messo in discussione il metodo seguito dall’Esecutivo Ue per semplificare un settore «che risultava eccessivamente gravoso per gli operatori, soprattutto quelli del vivaismo viticolo, frutticolo e forestale, che avrebbero visto aumentare in modo esponenziale gli oneri a loro carico».
Il no dell’Assemblea, ha spiegato Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura, é la «conseguenza delle forti preoccupazioni sollevate da tutti i gruppi politici del Parlamento rispetto a un testo che riunisce 12 direttive europee e necessita di 90 atti delegati per poter essere applicato. Abbiamo bisogno di più tempo per esaminare le opzioni possibili, come quella di mantenere distinti la produzione e la commercializzazione di sementi da quella di piante da frutto, ulivo e vite, o ancora dalle piante forestali». Per il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, la proposta di regolamento della Commissione «mirava a unificare settori complessi e fortemente differenti tra loro». E questo «avrebbe determinato un sovraccarico amministrativo per gli agricoltori».
L’Italia è tra i primi dieci produttori di sementi a livello mondiale, il primo in Europa nella moltiplicazione ed esportazione di semi di barbabietola da zucchero, ortive e riso.
«Un patrimonio professionale – osserva Assosementi – che va sostenuto e incoraggiato con norme più chiare e semplici». «Queste norme – puntualizza il neo-presidente dell’associazione, Guido Dall’Ara – coinvolgono il lavoro di 12 milioni di agricoltori europei che debbono guardare al mercato, garantendo sicurezza e tracciabilità lungo la catena agroalimentare».
Il sole 24 Ore – 15 marzo 2014