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    Home»Notizie ed Approfondimenti»Terra dei fuochi, Rapporto di Legambiente: «Troppi ritardi, bonifiche al palo e risposte sanitarie carenti»
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    Terra dei fuochi, Rapporto di Legambiente: «Troppi ritardi, bonifiche al palo e risposte sanitarie carenti»

    pecore-elettricheInserito da pecore-elettriche11 Febbraio 2015Nessun commento5 Minuti di lettura
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    Fermare una volta per tutte le persistenti attività di smaltimento illegale e di combustione dei rifiuti che ancora oggi si verificano nella «Terra dei fuochi», potenziare ulteriormente l’attività di controllo, prevenzione e contrasto, destinando risorse anche per l’attività dei vigili del fuoco per gli interventi di spegnimento dei roghi.

    E soprattutto accelerare l’inserimento dei delitti ambientali nel Codice penale. Sono alcune delle proposte lanciate da Legambiente nel rapporto presentato oggi – «Terra dei fuochi, a che punto siamo?» – a un anno dal varo del decreto legge emanato con l’obiettivo di dare una risposta rapida ed efficace dello Stato a una situazione di grave degrado ambientale e pericolo sanitario. Un obiettivo in larga parte mancato.

    Bonifiche al palo. Il 9 giugno 2014, ricorda l’associazione ambientalista, è scaduto il termine per i risultati delle indagini condotte sui 51 siti considerati a maggior rischio tra quelli individuati nel decreto dell’11 marzo 2014, «risultati che però non sono mai arrivati». Le bonifiche vanno a passo di lumaca: «Fino ad oggi non è stata prevista alcuna azione di caratterizzazione e di risanamento – si legge nel report – delle falde fortemente contaminate, come evidenziato nei giorni scorsi dal procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere Raffaella Capasso in audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti presieduta dall’On. Alessandro Bratti». Tra l’altro se anche dovessero partire, le attività di risanamento dei siti inquinati sono ad alto rischio di «infiltrazione delle ecomafie», fenomeno già tangibile, come dimostrano diverse inchieste in corso.

    «Gli unici elementi resi pubblici – sottolinea Legambiente – offrono quindi un quadro assolutamente parziale e i lavori che si sarebbero dovuti concludere entro l’ottobre 2014 sono solo all’inizio».

    Un inquinamento incessante. «In 23 anni di indagini sono confluiti in quest’area almeno 10 milioni di tonnellate di rifiuti di ogni tipo: scorie derivanti dalla metallurgia termica dell’alluminio, polveri di abbattimento fumi, fanghi di depuratori industriali, reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, rifiuti contenenti amianto, morchie di verniciatura e terre inquinate provenienti da attività di bonifica».

    I roghi continuano. «Nel 2014 – si legge nel rapporto – sono stati censiti 2.531 roghi di rifiuti, materiali plastici, scarti di lavorazione del pellame e di stracci (erano stati 3.984 nel 2012), secondo il monitoraggio degli incendi, curato dai Vigili del fuoco attraverso la cabina di regia che coinvolge le due Prefetture e le forze dell’ordine».

    I monitoraggi procedono al ralenti. «Non sono ancora noti i risultati delle indagini dirette sui terreni definiti “prioritari e maggiormente a rischio”, individuati nel marzo scorso e ricadenti nei 57 comuni appartenenti all’area della Terra dei fuochi».

    «Ad oggi gli unici dati presentati dai ministeri delle Politiche agricole e forestali, dell’Ambiente e della Salute – continua Legambiente – risalgono alla conferenza stampa dello scorso 11 marzo: 51 siti in classe di rischio elevata (5, 4 e 3), per un totale di 64 ettari di terreni agricoli da sottoporre a indagini dirette nei successivi 90 giorni. Quei numeri non erano che un primo passo – assolutamente parziale, che è stato invece presentato come punto di arrivo – e rappresentano ancora oggi purtroppo gli unici dati comunicati».

    Si tratta di dati «estremamente parziali, che risentono della mancanza di alcuni elementi importanti ai fini della valutazione, come emerge leggendo la relazione del 10 marzo 2014 del gruppo di lavoro che ha svolto le indagini» Nella relazione si parla infatti di ulteriori 1.335 siti (in classe di rischio 2a e 2b, ovvero rispettivamente con concentrazioni superiori alle soglie consentite dalle 2 alle 10 volte e risultati sospetti dalle ortofoto) per un totale di 906 ettari su cui svolgere indagini.

    Dati epidemiologici allarmanti. I dati delle indagini epidemiologiche svolte in questi anni sono stati recentemente aggiornati dall’Iss (ultimo aggiornamento dello studio Sentieri). La ricerca conferma un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione nella popolazione residente nei 55 comuni della Terra dei fuochi per diverse patologie, che “ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l’esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani”. Lo studio conferma anche eccessi di incidenza di determinate patologie in fascia infantile neonatale/adolescenziale attribuibili a fattori ambientali evidentemente connessi alla Terra dei fuochi. «Si tratta di dati impressionanti – ribadisce il report – che confermano l’urgenza di avviare adeguati approfondimenti, in particolare per l’accertamento dell’esposizione individuale, e il rischio conseguente, con un’analisi dettagliata della contaminazione ambientale, come ribadito in una nota del luglio scorso dell’Associazione italiana di epidemiologia, a commento dei risultati dello studio Sentieri».

    Risposta sanitaria carente. «Per quanto riguarda gli aspetti sanitari – sottolinea Legambiente – è importante ricordare, infine, che nella legge “Terra dei Fuochi,” nelle azioni proposte dalle istituzioni, manca una strategia che punti a mitigare il rischio sanitario (la massima tra le priorità) con efficacia diffusa e nel breve termine».

    La prevenzione insomma è la grande assente. Tanti cittadini infatti utilizzano inconsapevolmente acque provenienti da pozzi inquinati e consumano prodotti agricoli contaminati. «In attesa dell’imprescindibile e urgente operazione di bonifica dell’area – conlude l’associazione – sarebbe utile un intervento integrativo di informazione in favore della popolazione interessata definendo linee di indirizzo di carattere comportamentale, inerenti le abitudini alimentari, gli stili di vita, al fine di minimizzare le possibilità di trasmigrazione degli inquinanti al corpo umano».

    Il Sole 24 Ore – 11 febbraio 2015 

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