Mancuso (Enpav): «Contributo soggettivo oltre il 18%. Valuteremo ritocchi anche all’aliquota integrativa»
Nessuno «stravolgimento» della riforma varata tre anni fa. Tuttavia, si profila un innalzamento del contributo soggettivo (già fatto salire fino al 18%), poi «valuteremo ritocchi all’aliquota integrativa, ora al 2%». L’aumento si rende necessario per blindare la sostenibilità a 50 anni. Fresco di riconferma per il prossimo quinquennio alla presidenza della Cassa previdenziale dei veterinari, Enpav, Gianni Mancuso è concentrato sulla stesura dei bilanci con sostenibilità a 50 anni, che gli enti pensionistici privatizzati dovranno presentare al governo entro il 30 settembre. Mancuso ha anticipato a ItaliaOggi le prossime mosse dell’Ente. A luglio si terranno due consigli di amministrazione durante i quali «capiremo fin dove spingerci con l’aumento del contributo soggettivo e di quello integrativo».
«L’Enpav – dice Mancuso – raggiunta la sostenibilità a 30 anni, punta a non pesare troppo sui giovani, realizzando interventi nel segno dell’equità. Stiamo ragionando con gli attuari- dichiara – e terremo due consigli di amministrazione a luglio durante i quali capiremo fin dove spingerci con l’aumento del contributo soggettivo e di quello integrativo». In particolare, per quest’ultimo, «c’è il problema che spesso le aziende sanitarie e gli Istituti zooprofilattici, non avendo un buon giro d’affari o semplicemente per fare i furbi, non lo riconoscono ai veterinari che operano nel servizio pubblico. In un simile contesto, considerando poi che la nostra categoria non è tanto brava a farsi pagare, già tre anni fa avevamo posto un freno all’idea di rivedere la contribuzione integrativa. Si rivelerebbe, infatti una misura punitiva, soprattutto per chi ha già redditi bassi».
Sulla condizione economica attuale della categoria il presidente afferma: «La congiuntura negativa colpisce tutti i professionisti, però noi non siamo mai stati caratterizzati da un reddito particolarmente elevato, ci siamo sempre mantenuti su un livello medio-basso. E’ preoccupante, al tempo stesso, che ogni anno le Facoltà di veterinaria del nostro Paese sfornino 800-1000 laureati che giustamente premono per entrare in un mercato ormai asfittico».
E aggiunge: «Purtroppo non va dimenticato che la nostra professione è legata al benesre personale: se ci sono meno soldi, chi possiede un animale da compagnia pur prendendosene cura, rinuncia a fissare più di un appuntamento con il veterinario. O sceglie di non andarci del tutto.
a cura ufficio stampa Sivemp Veneto – 27 giugno 2012