Previdenza integrativa tiene. Sui Fondi pensione non pesa la crisi
Nell’anno orribile della Borsa, la previdenza integrativa ha tenuto: il rendimento di quelli negoziali (di categoria) è stato negativo solo dell’1,6%
Previdenza, non si parla d’altro. Non si parla dei Fondi pensione, però. Che succede in quei paraggi? Notizia: i Fondi pensione finora hanno retto abbastanza alla tempesta dei mercati finanziari. Vediamo che cosa significa tutto ciò.
Lo scontro di questi giorni sulle pensioni riguarda quelle a cui siamo abituati e che si ricevono dall’Inps o dall’Inpdap come da altri enti e casse sostitutive. Forme obbligatorie basate sulla “ripartizione” fra generazioni in quanto a oneri e benefici – con i contributi di una generazione si pagano le pensioni della generazione precedente. Ma in Italia dal 1993 abbiamo sviluppato un secondo pilastro previdenziale, per così dire privatistico, allo scopo di integrare i tagli alle pensioni derivanti dalle riforme degli anni Novanta. Riforme peraltro rese indispensabili da fattori demografici ed economici. Demografici perché vivendo più a lungo la pensione si prende per più tempo; e perché la natalità ha subìto una caduta verticale nella stolida indifferenza di tutti i governi, di destra e di sinistra, che si sono succeduti negli ultimi vent’anni. Ovvero, diminuisce la platea dei futuri finanziatori del sistema mentre cresce quella dei percettori. E il fattore economico? Globalizzazione a parte, è rappresentato dal progresso tecnologico. Che fa produrre beni e servizi con meno persone, e quindi riduce il flusso contributivo. Qualcuno aveva proposto di far pagare i Il secondo pilastro previdenziale cui si accennava è costituito dai Fondi Pensione, gestiti da soggetti privati. Per essi non c’è alcuna ripartizione generazionale, non c’è alcun obbligo di sottoscrizione ma volontarietà perché si accetta il rischio mercati, la pensione non è garantita, si è più vicini al mondo delle assicurazioni, delle polizze Vita e degli investimenti finanziari in Fondi comuni. I soldi che ci mettiamo sono proprio quelli che prenderemo, custoditi in una Banca depositaria, accresciuti nel loro valore nel tempo con i meccanismi della capitalizzazione. Alla fine della partita, vale il principio che quando nel sistema di un paese il bilancio previdenziale va in tilt due sono le strade: ridurre le pensioni o aumentare i contributi. In Italia, per mantenere grosso modo il valore reale delle pensioni pre-crisi (al netto dei privilegi) si sono aumentati i contributi. A quelli per l’Inps, pari a un terzo del costo del lavoro, si sono aggiunti quelli ai Fondi pensione, che partono con qualche punto percentuale per arrivare ad una aliquota importante grazie alla destinazione del Tfr (la cosiddetta liquidazione), il 7% dello stipendio. L’ipotesi del legislatore è stata la seguente: a regime il sistema obbligatorio darà dieci punti percentuali in meno, che il lavoratore potrà riavere nella stessa misura dal suo Fondo integrativo volontario.
Raul Wittenberg – L’Unità – 20 dicembre 2011