
Tonno rosso, è guerra tra ambientalisti e pescatori. La commissione internazionale rialza i limiti alle catture dopo 10 anni di blocco. Il Wwf: troppo presto
Dopo dieci anni di ami e reti rimasti fermi e barche per la pesca finite a rottamare, riparte la guerra sul tonno rosso. La commissione internazionale che nel 2007 intervenne per fermare una caccia indiscriminata al «re di tutti i pesci», come lo definì Ernest Hemingway, intende rivedere al rialzo le quote dei limiti alla pesca. Ed è braccio di ferro tra gli ambientalisti e i pescatori.
Oggi il tonno rosso, grazie allo stop imposto allora, e nonostante la pesca di frodo, è tornato nel Mediterraneo quasi al suo livello ottimale. E pensare che solo 10 anni fa sembrava spacciato: i banchi si erano ridotti anche dell’80 per cento. Si temeva persino l’estinzione. Il tonno rosso è molto più pregiato di quello tropicale, a pinne gialle, che finisce nelle scatolette. Quello rosso rifornisce il mercato giapponese del sushi, per questo è ricercatissimo.
Da domani al 22 novembre si riunirà in Marocco l’Iccat, acronimo della commissione internazionale per la conservazione dei tunnidi nell’Atlantico: terminato il piano di recupero, deciderà di quanto alzare l’asticella. E il Wwf lancia l’allarme contro il «profitto a breve termine». Già dal 2014 a oggi le quote di pescato consentito sono aumentate ogni anno del 20%, fino alle 23mila tonnellate di quest’anno (dalle 60 mila del 2007). «Si è fatto un ottimo lavoro fin qui, non bisogna vanificarlo: si discute di un drastico aumento delle catture, che il comitato scientifico porta a 36mila tonnellate nel 2020, più del doppio del 2015: così si compromette il pieno recupero della popolazione di tonno», dice Alessandro Buzzi, responsabile dei progetti di pesca per il Wwf. Secondo cui gli scienziati si contraddicono: «Nel loro stesso parere avvertono che così il tonno rosso diminuirà nuovamente». L’associazione fa la sua proposta: portare le tonnellate a 28 mila, non una di più, entro il 2020.
