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Torna la svalutazione competitiva. Per l’export veneto balzo del 6%. Gli Usa del dollaro favorevole più forti del crollo degli affari in Russia

L’Istat lo dice a chiare lettere, nel report sulle regioni pubblicato ieri: le esportazioni sono tornate a correre. Tanto che nel primo trimestre 2015, il Veneto si consolida come seconda area italiana per fatturato estero, con oltre 13,7 miliardi di euro. Giro d’affari cresciuto rispetto ad un anno fa del 5,9%, tasso che nessuna delle quattro aree con esportazioni oltre i 10 miliardi riesce a raggiungere.

Sostanzialmente stabile la Lombardia, il Piemonte, business internazionale per 11 miliardi, si avvicina con un +5,5% ma grazie in sostanza agli autoveicoli: leggi la ripresa Fiat. E lo stesso si può sostenere per l’Emilia, con 13,3 miliardi (+3,7%) . E a Nordest l’incremento eccezionale del Friuli (3,4 miliardi, +31,8%) è trainato, spiega l’Istat, dalle performance ritrovate di Fincantieri.

La nostra regione, in altri termini, è l’unica per cui si possa parlare di accelerazione legata a un ventaglio di settori trainanti: macchine (+5,8%), apparecchi elettronici (+9,5%) e prodotti in metallo (+7,9%). E, ancora, prodotti dell’abbigliamento e in pelle (+5,1%) e il comparto alimentare e bevande (+9,4%). Questo mentre altre aree basate su Pmi e distretti, come le Marche, con un -6,7%, ,mostrano ancora i segni di una crisi pesante.

Il Veneto beneficia della ripresa delle vendite in tutte le aree: dai Paesi Ue (+5%) ai mercati extra Ue (+7,2%). Ma un quinto della crescita è spiegata da sola dall’export verso gli Stati Uniti: +22,2% rispetto allo stesso trimestre 2014. Insomma, le attese per gli effetti delle politiche espansive della Bce, con la svalutazione dell’euro sul dollaro, e il minor costo delle materie prime, sono ora evidenti nei numeri. Ed è come se il manifatturiero regionale, che ha resistito alla crisi e ne è uscito rafforzato e sempre più orientato all’estero, ora beneficiasse anche di una fase di «svalutazione competitiva» delle monete, che aveva spinto in passato il Nordest.

L’accelerazione è visibile. Ed è più forte perfino del contraccolpo dell’export verso la Russia: la gelata sui commerci innescata dall’embargo ha fatto crollare i fatturati veneti del 32,6%. Per Fabio Franceschi, presidente di Grafica Veneta, rispetto alla politica internazionale russa «sarebbe stato meglio avere strumenti dissuasori alternativi alle sanzioni che hanno penalizzato soprattutto le imprese italiane. Gli spazi prima presidiati da noi vengono occupati da altri».

Ma la zavorra russa frena fino a un certo punto. «Il Veneto è tornato a far ciò che sa far meglio – è il commento di Serafino Pitingaro, responsabile del centro studi di Unioncamere – sfruttare al meglio i rapporti di cambio favorevoli con il dollaro. Prevedevamo a fine 2015 un aumento del Pil regionale dell’1,1%: non mi sorprenderei se si arrivasse all’1,3%. Chi si esprimeva in modo tiepido sulla ripresa deve a questo punto ricredersi». Per il ricercatore, inoltre, una buona parte del fenomeno va attribuita alla «risalita delle immatricolazioni: molta della nostra componentistica è legata all’auto».

Un fattore sottolineato anche dall’industriale padovano Massimo Pavin. Che l’altro traino, quello degli Usa, lo conosce bene: proprio ieri, dop 45 giorni, il nuovo stabilimento Sirmax in costruzione è arrivato al tetto. Pavin invita però a star distanti però dai facili entusiasmi: «Per il Veneto è l’effetto anche del lavoro per spingere più imprese verso l’estero. Ma lo scenario con petrolio a buon mercato ed euro debole potrebbe non durare a lungo. Bisogna metter fieno in cascina e far tesoro di questo vantaggio competitivo per imparare a competere meglio». E intanto spingere sulle riforme per un ambiente più favorevole all’impresa: «Qui oggi alla cerimonia per lo stabilimento che ha raggiunto il tetto ho ringraziato non solo per gli incentivi, ma anche per la facilità con cui si riescono a fare le cose».

Gianni Favero – Il Corriere del Veneto – 12 giugno 2015

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