Lorenzo Simoncelli. Ancora Ebola, ancora nella Repubblica democratica del Congo, lo Stato africano periodicamente colpito da uno dei ceppi più aggressivi del virus scoperto nel 1976. Al momento i casi sospetti sono 34, i morti già 18, tre di questi operatori sanitari. Dal laboratorio della capitale Kinshasa i primi responsi non lasciano presagire nulla di buono: due casi sono appena stati confermati. L’ultima epidemia di Ebola nella Repubblica democratica del Congo risale allo scorso anno quando 4 persone su 8 contagiate morirono e, in totale, dal 1976 ad oggi, il Paese africano è stato colpito da 9 epidemie sulle 30 complessive verificatesi nel mondo: la più grave rimane quella del 2013-2016, in cui 11.300 persone morirono tra Liberia, Guinea e Sierra Leone.
Questa volta si teme che la diffusione del virus non solo sia maggiore di quello dello scorso anno, ma che dato l’epicentro, prossimo alla Repubblica democratica del Congo, potrebbe aver già superato i confini nazionali. E infatti ieri un uomo in viaggio verso il Kenya è stato bloccato all’aeroporto di Entebbe, in Uganda, sospettato di essere infetto.
La maggior parte dei casi si sono verificati nella città di Bikoro, località di 163 mila abitanti a Nord-Ovest del Paese e non lontana dal fiume Ebola, il luogo dove fu scoperto il virus per la prima volta 42 anni fa. A preoccupare le autorità l’alto tasso di mortalità nei contagiati e la diffusione del virus scoperto in tre città distanti 60 chilometri l’una dall’altra. «Se 18 su 34 casi sono fatali questo significa che è la punta dell’iceberg» ha detto Daniel Bausch, direttore della squadra di pronta risposta alle epidemie del Regno Unito che sta aiutando nelle operazioni.
Sul posto è stata attivata una task force formata da medici ed esperti di Medici Senza Frontiere, dell’Organizzazione Mondiale della Salute e del ministero della Salute congolese. La prontezza nell’evitare la diffusione del virus è una delle chiavi per ridurre i rischi di un’epidemia su larga scala, motivo per cui a Bikoro si lavora senza sosta da giorni. Intanto da Ginevra, l’Oms dice che «si sta preparando al peggio». Su Twitter, Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’organizzazione, ha confermato che «sono pronte le prime scorte di vaccino per tamponare la diffusione del virus se il numero di casi accertati dovesse aumentare». Da circa un anno è disponibile un vaccino realizzato per contrastare Ebola, anche se non è mai stato sperimentato, né tantomeno introdotto sul mercato farmaceutico. Il primo test effettivo era previsto per lo scorso anno proprio in Congo quando esplose un nuovo focolaio, ma si decise di attendere dato il numero ridotto di casi.
Ad aggravare la situazione la decisione del Presidente americano Donald Trump di tagliare i fondi (252 milioni di dollari) per la realizzazione di strutture sanitarie in Africa preposte a contenere la diffusione dei nuovi focolai di Ebola. L’annuncio è avvenuto nello stesso giorno in cui l’Oms ha dichiarato la nuova epidemia in Congo.
La Stampa – 13 maggio 2018